Cos’è un riflesso?
Come l’ombra, gode di specularità.
In più restituisce colori.
In meno – ovvero in più ancora, perchè aggiunge – muove e rende riccamente evanescente, se la superficie acquea in cui l’effetto si esplica è agitata.
A corredo di questo brano abbiamo un filmato ed una fotografia.
Quest’ultima rappresenta, in progressione, l’ ω (omega), come l’incipit ne costituisce α (alfa).
Dall’α all’ω, dal principio alla fine.
Ove l’inizio è la rappresentazione formale diretta, come l’occhio percepisce; la fine è il cammino verso la dissoluzione.
Ma è una dissoluzione che non tradisce, e che dilata anzichè annullare.
Come nel titolo di questo articolo, verso l’estinzione del segno, ma senza a segno abdicare.
Un animale, un manufatto.
Loro tratti distinti, loro colori riprodotti.
Poi, in riflesso, fluttuazione.
Indi purificazione, laddove il controluce e la scala di grigi semplificano esaltando.
Infine, il brodo prebiotico.
Sì, il brodo prebiotico.
L’immagine allegata mostra qualcosa che Stanley Miller e Harold Urey avrebbero potuto utilizzare quale illustrazione imaginifica delle loro teorie, prima della fase sperimentale.
Il forte contrasto, le condizioni della scena, l’enfasi cromatica volgono gli elementi a una scomposizione pronta a nuove miscele.
Ogni cosa è, e lo è duttilmente.
Ecco, in fotografia: sposare logica combinatoria a poesia.
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Claudio Trezzani
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