Siamo in un luogo e non intendiamo spostarci.
Dinnanzi a noi si para uno scenario statico.
Come realizzare un cambiamento?
Attraverso l’inquadratura.
Che può variare in due modi:
- mutamento dell’angolo di campo mediante sostituzione di focale. In tal modo, cambiando il rapporto di ingrandimento includeremo od escluderemo elementi.
- mutamento della prospettiva. Ruotando la fotocamera pur senza spostarci otterremo una diversa visuale degli oggetti di cui a 1), oltre a soddisfare la stessa esigenza di inclusione/esclusione.
Tutto ciò dipende da noi.
Immaginiamo invece una minima variazione dello scenario.
Un cambiamento appena percettibile, oltretutto confinato ad una porzione minima dell’inquadratura.
La differenza può essere abissale.
È quello che illustrano le due fotografie a corredo di questo brano.
Visionando la prima si potrebbe esclamare: “oh, che strano andamento hanno le tegole sul tetto! Regolare per quasi tutto il suo sviluppo, ma poi a ridosso della terza freccia a destra della croce una tegola sovrasta di molto le altre, ed in modo oblungo”.
La seconda fotografia chiarisce la situazione:
non è una tegola più grande e deforme, bensì una cicogna.
Cosa è successo?
Semplicemente, la cicogna ha lievemente ruotato il capo, mostrando il becco, così rivelandosi per ciò che è.
Avremmo avuto altri mezzi – a parità di inquadratura – per disvelare anche nella prima fotografia la qualità animata di quel particolare?
Si, aprendo le ombre. In tal modo sarebbe stato percepibile il piumaggio del volatile.
In sintesi:
- una minima variazione dello scenario può determinare una grande differenza interpretativa.
- una piccola variazione nel trattamento fotografico può sortire lo stesso pronunciato effetto.
In entrambe i casi, si tratta di svelare o meno l’inganno.
Ovvero elargire a chi guarda i mezzi visivi per comprendere la letteralità, oppure intenzionalmente sviarlo.
Il fotografo che tende all’astrazione, ad una sottrazione del peso ( come direbbe Italo Calvino), ad una purificazione del linguaggio, non ha dubbi:
meglio ingannare.
Perché con le ombre aperte l’immagine sarebbe stata solo una pessima fotografia in controluce: quella stessa cicogna avevo poi ritratto molto più propriamente girando attorno al campanile.
Così invece – e ho aumentato il contrasto in postproduzione – la raffigurazione si è “ridotta” – ma nel senso di un virtuoso prosciugamento – ad un motivo grafico potente ed essenziale, ove la “falsa tegola” spezza il ritmo senza nuocergli.
Ecco così emergere il tratto espressivo della Fotografia:
la facoltà di governare il segno.
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Claudio Trezzani
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