Una semplicità maieutica

I movimenti visuali di un drone. Sappiamo che è possibile effettuarne sino a cinque contemporaneamente.

Per esempio: avanzare mentre ci si eleva, si ruota, si cambia inclinazione e focale (in mancanza di ottica zoom è possibile riprodurre l’effetto in postproduzione, con un ritaglio cadenzato da punti chiave). In un filmato avente come soggetto una barca a vela in navigazione ne avevo dato illustrazione.

Si tratta di opportunità da impiegare con oculatezza: aggiungono dinamismo ma facilmente degenerano in sovrabbondanza espressiva.

Consideriamo ora il caso antipodale: un solo movimento, che realizziamo ascensionale. Inoltre prolunghiamo la sequenza per ben un minuto e trentacinque secondi: un tempo biblico in videografia, soprattutto in assenza di dialoghi.

Per non abdicare del tutto al ritmo, utilizziamo quale stampella narrativa musica d’organo, ad accompagnare la progressione tra puntute conifere come vibranti canne sonore.

Perché questa parcità di mezzi? Come anticipato nel titolo dato a questo brano, si tratta di semplicità con finalità maieutica. In tal guisa è agevole porre l’accento su altri parametri.

E qui il tema è: la necessità  in determinate situazioni di un uso estensivo delle regolazioni manuali.

Lo scenario montano presenta una relativa costanza nella luminosità: abbiamo così selezionato un diaframma intermedio quale efficace mediazione tra una eccessiva morbidezza di resa che troveremmo agli estremi della selezione (piena apertura e pronunciata chiusura, per insorgenza di diffrazione).

Non ci siamo curati della vecchia regola empirica che vuole preferibile un tempo d’otturazione pari al doppio del frame/rate: come avevo spiegato in un precedente articolo, la sua applicazione non è più vincolante come un tempo, quando la sua adozione rigorosa era giustificata da precise caratteristiche meccaniche dei dispositivi.

D’altro canto, pervenire “artificialmente” a questa condizione tramite l’adozione di filtri a densità neutra non è del tutto indolore sotto il profilo della qualità d’immagine.

È si vero che nelle videocamere professionali tutt’ora sopravvive un sistema di filtri interni ai corpi/macchina, ma in ambito dronuale non è possibile implementare un tale sistema con la flessibilità e l’ergonomia di azionamento che lo contraddistingue.

Meglio dunque confinare l’applicazione della vecchia norma a condizioni di luminosità – non elevata – ove il concerto tra parametri consenta di approdare “naturalmente” ai valori prescritti.

Ci troviamo così con una prefissata terna dei parametri atti a determinare il valore di luminosità catturato: diaframma, tempo d’otturazione e valore di sensibilità, che fortunatamente nel presente filmato abbiamo potuto mantenere al valore nominale.

Cosa abbiamo ottenuto con queste impostazioni? Lo scongiurare il rischio che variazioni interpretative estemporanee dell’esposimetro in camera determinare una indesiderata modifica in corso d’opera dei valori impostati, con la conseguenza di una inopportuna disomogeneità di visione.

Della messa a fuoco non dobbiamo invece preoccuparci: la natura grandangolare della lente, la superficie sensibile non particolarmente estesa del sensore (un pollice, a parlarci di una profondità di campo “nativa” non esigua), il diaframma selezionato tra gli intermedi non rendono probabili episodiche sfocature, a meno che non piombiamo a velocità elevata su di un soggetto posto alla minima distanza di messa a fuoco.

È comunque essenziale verificare che la messa a fuoco si sia all’inizio regolata sulla canonica distanza dell’infinito.

Abbiamo …finito con le regolazioni manuali? No, manca una impostazione tanto trascurata quanto importante: il bilanciamento del bianco.

Dovesse la macchina decidere di modificare la regolazione all’improvviso, saremmo …finiti: un grave vulnus arrecato alla stabilità cromatica dello scenario dinamico. Cosa fare, allora?

Impostare un valore Kelvin compatibile con la situazione prima che il filmato abbia inizio. Nel caso in esame, è stato prescelto un valore che, senza “colorare” la neve, restituisse un senso di freddezza effettivamente presente in senso termico e di tonalità nembica al momento della ripresa.

La descrizione di queste prassi assolve alla funzione di sottolineare come le caratteristiche tecniche dei droni consentano un crescente controllo, non esimendoci più dall’adottare quegli accorgimenti che conferiscono ad un filmato una sostanza professionale.

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Claudio Trezzani

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