Prendiamo in considerazione delle ritrazioni in cui l’elemento geometrico sia più che importante, imprescindibile. Mi riferisco a fotografie d’architettura, ove il dialogo tra linee, pur lungi dal costituire l’intera essenza dello scatto, determina purtuttavia significative conseguenze e divergenze a seconda della scelta operata. All’interno di questa questione si possono distinguere tre istanze: la conciliabilità od inconciliabilità di una armonica interazione tra elementi presenti in un singolo scatto; la scelta della prospettiva; il condizionamento rappresentato dall’attrezzatura utilizzata.
Quanto alla prima istanza, sarebbe agevole argomentare che se la finalità è documentaria, ogni disarmonia trova la sua “assoluzione” nell’intento di restituire il reale, ovvero la parvenza di oggettività riconducibile alla percezione umana. Se però l’accento vuole essere posto sul taglio soggettivo – anzi, prima ancora che si approdi compiutamente ad una tale concezione, del resto non del tutto applicabile alla fotografia, con la sua impossibilità di incidere anteriormente e direttamente sulla materia della (ri)produzione, al contrario della pittura – i problemi s’infittiscono, e questo ci conduce alla seconda istanza. La quale ci riporta alla domanda: cosa previlegiare?
Nel caso delle due foto allegate il quesito va specificamente declinato in: a cosa allinearsi?
Come si vede dalle due foto, le diverse scelte determinano conseguenze drammaticamente differenti: appare congruo allinearsi al lato frontale della balconata posta alla base della cupola, essendo il corpo della chiesa dominante nell’inquadratura. Così però il suo campanile – che, si badi, di per sè non è allineato alla chiesa – appare indesideratamente sovrapposto all’ulteriore campanile sullo sfondo. Se invece si opta per l’allineamento con il campanile, il corpo della chiesa è sottoposto ad una fuga prospettica che sortisce un effetto di stampo caricaturale. Paradossalmente, tutta questa complessità mi induce ad una considerazione di disarmante semplicità: il complesso chiesa/campanile, visto da questo lato, non è “interessante”: le sue foto allegate sono qui discusse a scopo meramente esemplificativo e maieutico, mentre in una successiva occasione presenterò ritrazioni eseguite da altri lati, non scevri da peculiari criticità, ma forieri di spunti più efficaci.
Infine, la terza istanza. In questo tipo di foto, il drone rappresenta oggi un formidabile strumento: la facoltà di posizionarsi ove desiderato conferisce la proprietà di una ortogonalità “nativa”, rappresentando un sensibile ampliamento di opportunità rispetto alla visione da terra, pur se con obiettivo decentrabile.
Ciò considerato, l’attuale offerta nel panorama del mercato costituisce tuttora un severo limite, essendo imperniato essenzialmente su focali grandangolari. In questa situazione, vano è discettare di regola dei terzi, sezione aurea, spirale di Fibonacci: brutalmente, nemmeno centrare con militare precisione il punto di maggiore rilevanza nell’inquadratura preserva da pesanti deformazioni prospettiche rispetto a quanto si trova nelle sue limitrofie. Tipicamente, qui: se si pone al centro dell’inquadratura la lanterna, già la sottostante cupola risulterà gradatamente deformata. Arretrare il drone costituisce sì lenimento, ma flebile, parziale e non esente da controindicazioni. Abbiamo dunque passato in rassegna una serie di problematiche che afferiscono sia l’aspetto concezionale che quello prassuale, e che verranno sviluppate anche in seguito in relazione al materiale cui s’accompagnano.
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