Sublineare densità.

Mare.

Non pago d’esser linea.

D’accordo, non perdona.

Ma respinge un troppo elevato tasso d’insondabilità.

Lo fa quando titilla rive con spume, fecondativo sperma cuneato in terra.

Non pago d’esser linea perchè questa pretende di riassumere, e il mare non desidera essere compresso in un parco grafismo.

Lui sa d’esser più d’un prosciugato minimalismo, conosce sua vibrante densità.

Ma la linea, c’è.

Sapete, l’unica eccezione a stortitudine dell’orizzonte marino lo debbo all’acume divulgativo dell’eccellente Anna Calabrese.

La fotografia – vigorosamente lirica – di Harry Gruyaert che ha propalato ritengo ammissibile perchè rimarca il punto di vista di chi è chiamato a confrontarsi con irata furia.

Con Mauro Cangemi la linea torna diritta.

E’ in subordine, per come discretamente appare da finestra corniciata?

Qui sì giace compendiata e promana astrazione, ma in ciò contrappunta la tanta carne che c’è (sì, il muro; sì, le bottiglie).

E’ il tema della carne / non carne, già da me affrontato in questa rubrica, e suscettibile di ritorni.

Anche in Paolo Lazzarotto la linea trova sobria ed ortogonale citazione.

Ma qui la composizione anela all’inedito.

Fatto fumo, il mare s’affranca da stenografico algore.

Vince le nuvole, sorpassandole in spazio occupato, e contrapponendo pervasiva insinuazione a salda corposità.

S’allea con la lunga esposizione per smontare nettezza dall’umano.

Non feconda più con spermatiche spume, ma si fa elusivo nel momento stesso in cui ogni cosa avvolge.

Perchè non mira più, questo è l’atteggiamento che tiene.

Abbraccia una visione olistica, così, il mare.

Non guarda più dove va.

Sa che è nel tutto, ma travalica il tutto.

 

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Claudio Trezzani

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