USA, Rhode Island, la capitale Providence.
C’è un giudice, lì.
Si chiama Frank Caprio, e sovente induce al pianto.
I presenti, e chi guarda traverso monitor.
Perchè è estremamente compassionevole, Frank, così sa declinare il suo ruolo.
La fotografia a corredo di questo brano, ora.
Tra i nove volti distinguibili, sette guardano a destra.
E anche i corpi dei due rimanenti sono vigorosamente rivolti in quella direzione.
Sono rivolti alla latina pietas, alla greca ευσεβεια di Frank.
Sì, qui ci vuole il termine latino e quello greco.
Perchè Frank è compassionevole in senso vasto, arioso, variegato.
Così ognuno è commosso, tutti si protendono verso il suo essere ed il suo agire.
All’improvviso, però, vi è una cesura.
Sono io – con lo sguardo – ad operare quella cesura.
Perchè non mi volgo a destra, io.
Permango nell’angolo in basso a sinistra.
Cosa c’è, lì?
Cè una bocca che è più di una bocca.
Sublime l’accordo del taglio orizzontale delle labbra inferiori con l’arcuato di quelle superiori.
E’ una sindrome di Stendhal con pulsionale erotico retrogusto.
Una stornante diseticità, ed insomma.
Ci si dovrebbe concentrare sull’elevatezza della situazione, ed io mi perdo in aliena alterità.
Ma è uno squarcio sull’Infinito, questo.
E’ la Fotografia ad essere uno squarcio sull’Infinito.
Ogni cosa ribolle, ogni cosa fatica essere contenuta.
La Fotografia, lo fa.
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Claudio Trezzani
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