Che dite, la Spensierata Pletora di fotografi col telefonino consta di allievi della bravissima pittrice Luciana
Guandalini?
Spiego, spiego… e lo faccio con progressione.
Il mirabile dipinto – presumo a spatola – a corredo di questo brano possiede sì un vigoroso stacco di piani, che emerge dal fulgido tripudio di cromie.
Epperò guardate – se V’aggrada – il cielo: la transizione tra celeste ed arancio è – di voluta felicità – netto e non sfumato.
Epitome della condizione fototelefoninatoria, ma per il motivo opposto e negativo.
Con quei sensori lillipuzziani, una sgradevole ommicomprensiva planarità.
Nessuna sfumatura, nessuna gradualità tanto tonale quanto focale.
E se si lavora il file postproduzionalmente, la solarizzazione (ancora, il summenzionato cielo) è pronta ad erompere.
Consideriamo ora – sempre se V’aggrada – la fotografia allegata a questo articolo.
Il diaframma non è certo aperto – f 5,6 – eppure vi è un senso di avvolgenza.
Ho volutamente utilizzato un esempio non estremo – avrei potuto mostrarVi degli scatti a f 2,8 con un cremoso 300 mm – per accennare alla sensazione di tridimensionalità che un sensore non piccolo (qui, di formato Leica) è
in grado di assicurare.
Ma il Vero Regno Della Spazialità è il medio formato.
Una proposta, allora, a coloro che ogni anno spendono più di mille euro per l’ultimo smartphone, entusiasti della terna di obiettivi punta-di-spillo che troneggiano sul dorso del dispositivo, ad evocare le torrette girevoli già in uso cinematograficamente: per un anno, astenetevi.
Col denaro risparmiato acquistate una Mamiya ZD usata con su montato il 55 2,8.
È la più economica medio formato digitale – una pioniera del segmento – che ormai usata costa suppergiù come
il più mirabolante smartphone.
E Vi s’aprirà un intero universo, se il Vostro occhio sa dialogare con la Vostra mente.
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Claudio Trezzani
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