Qualche studioso asserisce che Niccolò Machiavelli proceda dal particolare al generale, altri che operi in senso opposto.
Ai fini di questo articolo, starò con Chabod: dal particolare estrarrò il generale. Nasco canonista, divengo poi nikonista.
Recentemente ho fatto una fugace rimpatriata in Canon per provare la nuova terza serie del 600 mm f4, abbinato alla quarta serie della 5D.
Ho sempre riconosciuto quello che gli americani definiscono “edge” di Canon rispetto a Nikon quanto ad obiettivi: una superiorità, ma leggera.
E soprattutto, suscettibile di episodiche smentite. L’elenco potrebbe essere interminabile: il Canon 14 mm f 2,8 che sopravvanza di lunga pezza l’omologo Nikon, ma poi quest’ultima estrae dal cilindro il 14 24.
L’avvento dell’era piezoelettrica di Canon, e la susseguente difficoltà di Nikon a fronteggiare un brevetto così riuscito.
La continua “battaglia sui classici” tra i due giganti nipponici: ad una serie uno dei due contendenti sforna un 24 70 o un 70 200 migliore, ma alla successiva serie le parti si invertono.
Circa le fotocamere ho una leggera preferenza per Nikon, in termini generali: maggiore possibilità di controllo dei parametri fini nei modelli di non altissima gamma, maggiore facoltà di lavorare sulle ombre (c’è stato un periodo in cui il procedimento dell’invarianza – sottoesporre allo scatto mantenendo la sensibilità al valore nominale, indi gradatamente aumentare l’esposizione in sede postproduzionale – vedeva una netta supremazia di Nikon).
Tornando ai moduli autofocus: la Canon 5D Mark IV ha rappresentato un abbinamento non ideale con il reattivo motore del 600 4: quando provai un supertele Canon con la 1D Mark IV mi trovai al cospetto di una sublime danza tra eccellenze tecnologiche, lo stato dell’arte quanto a reattività e precisione.
L’inadeguatezza della 5D a questo proposito mi fa invece ricordare che, storicamente, Canon non ha mai inteso dotare questa serie di una prestazione elevata a tal proposito, mentre Nikon, seppur forse sopravanzata dalla rivale nelle sue declinazioni di punta, nel comparto delle viceammiraglie ha fatto beneficiare agli utilizzatori moduli condivisi con i modelli superiori. Insomma, non si finisce mai: l’ideale sarebbe poter disporre del meglio dei Due Mondi concentrato in un unico marchio.
Questo non essendo possibile, esiste la strada del noleggio a breve termine, che alcuni professionisti praticano estensivamente.
Questa soluzione, purtuttavia, se ha il pregio di permettere di volta in volta l’accesso alle caratteristiche più riuscite, reca in sè la difficoltà di familiarizzare in breve tempo con un prodotto nuovo. In questo senso, ho sempre raccomandato di scaricare dalla Rete e studiare ogni manuale di istruzione prima dell’acquisto o del noleggio. In caso di obiettivi, poi, ho sempre mandato a memoria i diagrammi MTF della nitidezza ad ogni diaframma e – se del caso – focale, in modo di avere già sul campo una idea della resa.
Ed ecco che dal particolare approdiamo al generale: non sacrifichiamo Coppi per Bartali, non concepiamo manichee dicotomie, non idealizziamo un marchio a discapito di un altro: l’attrezzatura fotografica è un mezzo, non un fine.
All’interno di questa consapevolezza, ci giovererà considerare ogni prodotto come un peculiare colore a disposizione su di una tavolozza pittorica, come un delizioso frutto da delibare nel suo peculiare sapore.
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Claudio Trezzani
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