Scelta & Congruenza

Un teleobiettivo favorisce l’atto del scegliere?

Per definizione, sì.

Come il mirino di un fucile a lunga gittata, indirizza verso un punto e non un altro.

Ed io prediligo le lunghe focali.

Epperò, va considerato che la realtà è dinamica.

Scegliere può anche consistere nel voler registrare una azione.

In quest’ultimo caso, un angolo di campo stretto potrebbe non illustrarla tutta.

Tuttavia, se isolare è quintessenzialmente scegliere, l’oggetto della ritrazione ha facoltà di risultare non solo pregnante, ma anche trasfigurato.

Trasfigurato?

Parzializzare è rileggere.

Sì, parzializzare è rileggere.

Come nel caso delle tre fotografie a corredo di questo brano.

Che sono state realizzate mercè un 180 mm f2,8 su formato Leica.

Io ero a riva, la barca vicina.

Ciononostante, con una focale più larga non avrei potuto elidere ciò che volevo eliminare dall’inquadratura.

Ciò determina l’insorgenza di un novello ambito di relazioni.

La barca non è più barca, nella sua qualità di forma compiuta.

Piuttosto, suoi residui segmenti disegnano diversi rapporti.

I quali non inseguono più l’illustrazione del reale nella sua evidenza funzionale, bensì grafismi astrattamente valutabili.

Nella progressione, inoltre, s’assiste ad un prosciugamento cromatico.

Nella prima immagine il legno scrostato intona la nota dicotomia teal orange.

Nella seconda la sua tinta è ad un dipresso dall’estinguersi, tenui idnizi manendo solo sulla sommità della copertura.

Nella terza è solo il blu – con l’azzurro – a cantare.

Alla rarefazione del colore corrisponde una intensificazione del tratto, ma non linearmente.

Ciò in quanto se la seconda composizione è densamente affastellata, la terza è al contempo bicromatica e geometricamente asciugata.

La ravvicinata evidenziazione dei componenti reca una ulteriore implicazione: non componendosi più le parti in un tutto, ciascuna parte s’incammina verso autonomia e polimorficità.

La cima è ora un serpente che si tuffa; la copertura una scultura moderna, il parabordi un attore i cui ruolo diviene discriminante.

Dunque – è nel titolo di questo articolo – la scelta s’interfaccia a congruità.

Ad una ricreazione di congruità.

Se nel tutto – nel grandangolo, avessimo voluto – il visibile avrebbe palesato una rassicurante -ma banale – letteralità, nel parziale – nel teleobiettivo – l’orchestrazione muta.

Cambia nei fini, non nell’armonia, solo ricercata od  effettivamente  conseguita.

Ecco, il teleobiettivo trasla piani in accezione metaforica.

Modifica cose senza modificarle davvero.

Fa loro indossare differenti panni.

Sapete, è come introdurre nella realtà il sogno.

 

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Claudio Trezzani

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