Robert Browning & la Fotografia

La neve. Agognata a scopo ludico ed esteticamente desiata. Perché noi fotografi ne risultiamo attratti?

Qui occorre scomodare Robert Browning. Si deve a lui (nel poema “Andrea del Sarto”, 1855) l’espressione “less is more”, e non alla seguente cooptazione in ambito architettonico, ove riveste una connotazione anche funzionale (meno che meno agli statunitensi, che anzi… no replacement for displacement). Sottratto il motto all’invocazione del poeta inglese – maestro nella trasfigurazione lirica del quotidiano – alla bella Lucrezia, nel mondo della Fotografia, “less is more” declinato alle bianche distese nevose ci parla della potente capacità evidenziatoria insita nell’isolazione: con la neve molti elementi scompaiono, e quelli che rimangono vengono sbalzati al centro dell’attenzione, traendo novella linfa da non essere più attorniati da fattori di disturbo. Si verifica solo con la neve questo fenomeno?

Fortunatamente, no. Fatte salve le innumerevoli situazioni in cui l’isolazione è resa possibile da una specifica inquadratura in un dato contesto (in sintesi: ogni volta che sia possibile raggiungere un’area in cui il linguaggio dei segni risulti sfrondato, prosciugato dalla parcità di componenti), oltre alla neve esistono due altri fattori in grado di assicurare “a priori” l’isolazione. Essi sono l’oscurità e l’acqua. Questi due elementi non sortiscono tale effetto di per sè, ma in voluta combinazione e trattamento. L’oscurità.

Tra le due fotografie notturne a corredo di questo brano, quella realizzata da un drone: la strada è contornata da edifici, ma essi scompaiono accrescendo notevolmente la forza geometrica del nastro d’asfalto, con le sue interne articolazioni costituite dalla segnaletica orizzontale e dai festoni luminari. Indi la fotografia che mostra l’andamento serpentino di una illuminazione urbana, ripresa da un colle: direste che a destra di essa vi è il mare, con la terraferma costiera a fungere da contrappunto sulla sinistra?

Certo, no: non avete “elementi” per affermarlo. Ed è proprio l’annullamento dell’elemento/acqua e dell’elemento/costa a conferire sbalzo narrativo al curviforme sviluppo del tratto illuminato. Ma l’acqua è importante, e lo vediamo nella terza fotografia. Essa spicca – se mi passate la figura  ossimorica solo apparentemente paradossale – per la sua visibile assenza: come con la neve, essa attornia silente l’oggetto della ritrazione (la roccia al centro del torrente). Silente in quanto resa setosa dalla lunga esposizione, che dissolvendo il dettaglio (increspature da caduta) s’offre come neutra campitura.

Ecco, il minimalismo. Ma non in accezione di frugalità. Piuttosto, come mezzo per aggiungere vigore espressivo all’oggetto della ritrazione. Si sceglie una prima volta con l’inquadratura. Una seconda, ricorrendo ad ogni ausilio in grado di condurre l’occhio di chi guarda dritto verso il cuore dell’immagine.

 

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Claudio Trezzani

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