Sapete, ogni volta che transito in automobile da Canonica d’Adda, ad una rotonda m’appare – improvvisamente e fugacemente – Villa Melzi d’Eril.
Ed ogni singola volta penso a Leonardo Da Vinci.
A quando il Conte Giovanni lo ospitava.
Ai disegni che fece lì il genio d’Anchiano.
E ai droni.
Esco da una macchina del tempo.
Villa Melzi nel Cinquecento non era molto diversa d’adesso.
Ma tornando a quell’epoca ci trovo Leonardo passeggiare nei giardini all’italiana.
Certo, devo andarci piano.
Nell’eloquio, ché l’idioma è un poco cangiato.
Ma anche nel mostrargli cose.
Sennò potrei facilmente procurargli un infarto.
Desidero invece ch’esulti, gradualmente assimilando i prodigi della tecnica a lui successiva.
Il GPS non funzionerebbe per assenza di satelliti, ma almeno potrei mostrargli fotografie.
Fotografie in quota con prospettiva zenitale.
Sapete, Leonardo studiava anche il volo degli uccelli.
Sapete, era anche architetto.
E pure disegnava macchine volanti, ma…
Vedere ciò che vedono gli uccelli, e fissare su carta una riproduzione istantanea, automatica e ragionevolmente esatta della scena.
No, difficile abbia prefigurato cotanta manna.
Ecco, i droni rischiarano il passato.
Nessun architetto ha mai potuto vedere in quota ciò che ha progettato e fatto realizzare.
Con il drone, si può.
E la prospettiva zenitale conferisce un dolce inganno, un felice travisamento.
Le due fotografie a corredo di questo brano raffigurano la stessa identica torre.
Eppure, arduo riconoscere il manufatto nella seconda immagine
Cosè quella cosa tonda di rosso bordata?
E quanto dista dal suolo, semmai non ne è complanare?
E vi è davvero un suolo, o non piuttosto un verticale sfondo?
Ecco, la fotografia dronuale: non c’è bisogno di riferirci alla teoria di un altro genio, quello di Ulma – Einstein e la curvatura dello spazio – ma qui lo spazio istesso è piegato dai raggi dell’immaginazione.
Superato l’iniziale turbamento, Leonardo impazzirebbe di gioia.
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Claudio Trezzani
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