David Hockney fa quello che vuole, e lo fa meravigliosamente.
Gli è concesso: se fermato per un controllo, può esibire il tesserino di pittore.
Di quelli assai forniti di talento, per giunta.
Flette la strada come gli aggrada, impiega i colori che preferisce.
Un momento, epperò.
L’orizzonte è dritto, i fusti ad esso perpendicolari e tra loro paralleli.
Poteva esimersene, non ne ha tratto facoltà.
Così vi sono salde coordinate, a corniciare ribollente magma.
E in fotografia?
Speculare questione.
Siamo vincolati al reale, ma possiamo interpretare.
Quanto vincolati al reale?
Vi sono opportunità e sofferenze.
Nella fotografia a corredo di questo brano, la questione principia da una sofferenza.
Sia Shakespeare che Carducci sancirebbero: amletica.
Perchè divergenti forze premono.
Si vorrebbe la barca verticalmente parallela, e possiamo farlo.
Perchè allora qui non è tale?
Perchè ha vinto il cavo d’ormeggio.
Vinto?
Spiace menzionare competizione, ma braccio di ferro fu.
A prevalere è stato il segmento poichè esprime un grafismo di maggiore intensità.
Avessimo badato ai colori?
Quanto a questo, avrebbe la barca guadagnato ortogonalità.
La avrebbe guadagnata quale riconoscimento di forza all’interno dell’inquadratura.
Il guaio è che la corrente congiurava contro l’immagine, mai facendo coincidere l’orientamento della barca con quello del cavo.
Così, anche se ci è lecito determinare una direzione – ruotando la fotocamera (in questo caso, il drone) che si brandisce (conduce) – ciò è possibile solo in relazione a uno solo dei due summentovati manufatti.
Prendere o lasciare?
Sì, e – tristemente – avrei anche potuto lasciare.
Ecco, la fotografia:
giostrare, ma non del tutto governare.
L’impegno trova limite nel caso.
La situazione definisce scelte, da cui scaturiscono tanto opportunità quanto dolore.
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Claudio Trezzani
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