Essere al limite della pioggia.
Condizione fotograficamente ideale, per come il cielo funziona da immenso bank.
All’interno di questa propizietà, ve ne è d’ulteriore:
situare la sessione in quel lasso di tempo in cui la notte è fuggita ma il giorno non ha ancora ufficializzato la sua presa di possesso.
Ciò consente di ottenere tempi d’otturazione prolungati – accorgimento appropriato in uno scenario in cui l’elemento liquido può atteggiarsi a setosa neutralità – senza ricorrere a filtri a densità neutra (che in altre occasioni uso, anche con valori oscuranti assai pronunciati, ma che non può non introdurre un fattore peggiorativo della prestazione ottica).
Stabilito il quando ed il come, resta il cosa.
Scelto lo scenario, è l’angolo di campo a definire relazioni.
A 24 mm su formato Leica si registra una pariteticità espressiva dei tre elementi solidi dialoganti in diagonale.
Un secondo d’esposizione per non introdurre sfocatura da movimento nel container, e allo stesso tempo non soverchiamente affliggere il fotogramma da sbavature da moto ondoso.
Il colore rimane, a sottolineare le potenzialità linguistiche del bordo inferiore della nuvolaglia, il qual bordo peraltro contrasta con l’orientamento dell’orizzonte, introducendo illusori dubbi circa l’effettiva ortogonalità dell’inquadratura.
La seconda immagine a corredo di questo brano, ora.
La condizione prassuale ineludibile è: se vogliamo ingrandire – qui, 50 mm – necessariamente ne discapita il ruolo del cielo.
Che appare ridimensionato in quota di presenza, ma recita ancora in virtù della stratificazione vagamente tendente al nembifero.
A fronte di ciò, un recupero porzionale è reso possibile dallo spostamento verso il basso dell’isolata roccia, la qual cosa contemporaneamente sortisce l’effetto di una ricollocazione di pesi, in una logica distributoria che considera non solo il quanto, ma anche il dove.
L’esposizione sale a trenta secondi
Ancora trenta secondi per la terza fotografia, infine.
Il cielo non c’è più, e questo determina una decisa virata delle forze in gioco.
Il colore dell’attorno (acqua, non più firmamento) acquisisce una valenza di conversa vuotezza, dunque il relativo colore non è più necessario: viene così resa quasi del tutto desaturata, a sottolineare la traslazione linguistica.
Ecco, traslazione.
Questo articolo titola:
Relazione, traslazione, attribuzione.
E’ questa l’essenza, in senso interpretativo, della fotografia: giostrare con gli elementi in virtù della posizione.
Facendolo, si muta grammatica e sintassi.
E musica, e danza, ché la poesia si nutre d’eterogeneità apportativa.
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Claudio Trezzani
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