Qualità ed empatia

Nel precedente articolo avevo deprecato l’infima qualità delle immagini sfornate dai telefonini, e avevo considerato ammissibile il loro ricorso solo – e dolentemente – in caso di forza maggiore.

Al capo opposto della banda siamo nell’empireo delle medio formato digitali.

Un bravissimo fotografo ritrattista come Martin Schoeller afferma che le utilizza per avere la massima qualità d’immagine oggi ottenibile.

E precisa: non solo risoluzione, anche ampiezza della gamma dinamica e profondità di colore, utile per una precisa individuazione delle più appropriate tonalità dell’incarnato.

Vigorosamente concordo.

Epperò, tutta questa manna si colloca ancora nel novero dei prerequisiti.

Perché soddisfatta l’istanza qualitativa, solo allora inizia il viaggio.

Che può condurre in viottoli oscuri oppure in luminosi viali.

Per approdare a questi ultimi occorre empatia.

Il ritrattista eccelle laddove sa instaurare un dialogo con il soggetto.

Il risultato brilla quando sa suscitare in esso una intensa emozione.

La fotografia in scala di grigi, tra quelle a corredo di questo brano.

Palpita.

Lo sguardo della donna vibra di fiducioso abbandono, il rapporto instaurato genera una scarica elettrica.

Il presidente emerito Obama, ora.

La ieratica imperturbabilità di un bonzo.

La levigatezza, seduce.

La morbidezza della transizione focale e tonale, anche.

Ma l’empatia trovo latiti.

Forse è qualcosa che si sono detti.

O qualcosa che non si sono detti.

O vi erano pensieri alieni nella testa d’Obama

È che qui la scintilla non rifulge d’un istesso bagliore.

A ciò l’attrezzatura non può ovviare

La Fotografia è un intrico di relazioni.

Ritraente/Ritratto, ma anche Immagine/Fruitori.

Con questi ultimi in cifra (n), per una imprevedibile pluralità di sbocchi ricezionali.

E se la corrente percettiva subisce una interruzione od una attenuazione proprio quando le tendine si aprono, l’umanità ne soffre.

 

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Claudio Trezzani.

https://www.saatchiart.com/account/artworks/874534

 

 

 

 

 

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