Prospettiva.
Si può annegare, tra le sue accezioni.
Perché vuol dire un sacco di cose.
Eppoi il suo significato in fotografia, in pittura.
Noi fotografi e pittori non siamo mica quelli della prospettiva lineare e descrittiva, carinoi!
Ci mettiamo i colori, quando ci va.
Riempiamo tutto, senza indidascalici vuoti.
E non corriamo neanche il rischio – noi fotografi – dei pittori, che se si dimenticano le ombreggiature abdicano alla prospettiva aerea.
Da un supporto bidimensionale sappiamo riportare – od evocare – la tridimensionalità.
Che meraviglia!
Un momento, epperò.
Esiste anche un modo più sottile di procedere.
Lo sapeva nel 1930 Emili Godes, con la fotografia a corredo di questo brano, che si fa ammirare al Museu Nacional D’Art de Catalunya, ed in Rete mercé la sensibilità divulgativa di Anne Josephine Giraut.
Già : il paesaggio – per metonimia, siamo ancora nelle spire semantiche della prospettiva… – visto attraverso il reticolo alare di una libellula.
Che è sotto, verrebbe voglia di toglierla.
E si sbaglierebbe.
Perché il reticolo non è trama.
Non è mera texture, come s’abusa dire oggidì.
No, sono proprio le ali di una libellula.
Viste come le vedrebbe un’altra libellula, subito prima d’intraprendere una danza d’amore (ma occorre chiedere ad un etologo, oppure alla libellula istessa…la seconda, mi raccomando).
Noi, a occhio, non possiamo.
Non possiamo concederci questa prospettiva.
Con la fotocamera in mano, sì.
E da qui: cosa pensa una libellula?
Come valuta, lei, la prospettiva.
Cosa…
Basta, abbiamo terminato: la Fotografia è proiettare relatività.
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Claudio Trezzani
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