Sapete, i cacciatori di tornado si stanno dotando di droni.
Paradossalmente – rispetto alle situazioni di vento – riescono a mantenerli in volo, a condizione che si trovino ad adeguata distanza.
E comunque, poi fanno usualmente ricorso a forti postproduzionali ritagli onde variare il rapporto d’ingrandimento.
Io invece sono un cacciatore di campanili.
Nella sessione da cui sono tratte le fotografie a corredo di questo brano ne avevo totalizzati cinque, di campanili.
Qui ne allego solo due, ed in duplice versione.
Perché duplice versione?
Sapete, siamo sempre lì: i grandangoli ordinariamente montati sui droni non sono adatti per ritrazioni architettoniche.
Come fare, allora?
Si tratta di tesaurizzare la preziosa facoltà di trovarsi all’altezza giusta, senza peraltro incorrere nei difetti prospettici delle summentovate lenti.
La ratio tra i lati imperante nei sensori interfacciati a questi obiettivi è di 4:3.
Nelle reflex siamo disabituati a questo rapporto, benché progressivamente principiano ad utilizzarlo coloro che si stanno accostando ad alcune digitali medio formato.
Ma è effettivamente utilizzabile, per i campanili, questo tipo d’inquadratura?
Prevalentemente no, salvo operare distinguo.
Sapete, il 4:3 è più “quadrotto” – come s’usa appellare – del 3:2.
Ciò implica che sull’asse verticale s’appalesino inaccettabili deformazioni.
Se c’è una lanterna e si c’entra lì il fotogramma, la sottostante cella campanaria risulterà prospetticamente compromessa.
Idem se si va su verso la croce, per la cuspidale triangolazione.
Idem, e per converso, se si punta all’orologio.
Ecco allora una regola empirica per mediare la situazione: mantenere la ratio 4:3 solo da lontano, mentre da vicino optare per un 16:9.
E’ quello che ho fatto nelle succitate immagini.
Non si risolve del tutto, ma si arginano i danni.
Poi c’è un altro problema.
Se volete anche circumnavigare in filmato, è di rigore una giornata estensivamente nuvolosa.
Me ne ero occupato in un precedente articolo:
solo così è possibile limitare l’ammontare delle variazioni di luminosità, durante il tragitto.
Dunque, alla conduzione dei droni corrispondono inedite opportunità come anche specifiche criticità.
Rispetto alle prime, giova non tralasciarne implicazioni.
Quanto alle seconde, è imperativo categorico non accontentarsi.
Lo è con sfumatura kantiana, se vogliamo scomodare con un filo d’ironia l’istanza morale.
Perché – come affermava George Bernard Shaw – il progresso scaturisce da coloro che non si adattano, non da un atteggiamento di accondiscendenza verso l’esistente.
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Claudio Trezzani
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