Ottiche e Droni

di Claudio Trezzani

 

C’è un aspetto nel mercato dei droni che rivela ancora pesantemente la pregressa origine dalle action camera dei moduli sensore/camera: la prevalenza di focali ultragrandangolari. Fortunatamente i fish eyes stanno gradatamente scomparendo, ma tra i rettilineari le focali più diffuse sono tali da costringere l’utilizzatore ad inaccettabili conpromessi sul piano prospettico. Si osservino a tal proposito le tre foto allegate: man mano che ci si avvicina al novarese campanile, l’ortogonalità può essere preservata solo in una sezione limitata dell’inquadratura. In questo specifico caso, nella teoria di colonne o anche meno.

Più volte avevo in passato mostrato come centrando la lanterna di una chiesa, già la sezione sommitale della sottostante cupola risultasse distorta. Drammatico il risultato nelle visioni zenitali, con marcate indesiderate fughe prospettiche. Si badi: è questo un comportamento fisiologico degli obiettivi ultragrandangolari, è otticamente spiegabile ed appropriato che sia così. Semplicemente, però, nessun fotografo minimamente serio impiegherebbe questi obiettivi in situazioni in cui essi risultano inadatti. Così, allo stato attuale dell’offerta commerciale qualsiasi fotografo minimamente serio è costretto a sborsare attorno ai diecimila euro per poter godere dell’intercambiabilità degli obiettivi.

È il prezzo di un Dji Inspire 2 adeguatamente equipaggiato. Queste foto, invece, sono state realizzate con il pur ottimo Phantom 4 Pro. Se le voci circa la disponibilità  di una baionetta d’innesto per il futuro Phantom 5 si tradurranno in realtà,  solo allora qualsiasi fotografo minimamente serio potrà operare scelte congruenti sborsando meno di diecimila euro. Sino ad allora, sarà costretto a prassi che non adotterebbe mai nelle sue foto “terrestri”.

 

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