Talune volte penosamente m’atteggio a bullo.
E’ quando ostentatamente brandisco a lungo ed a mano libera un pesantissimo teleobiettivo.
Parimenti, è possibile fare cose pur manendo orfani di brandizione.
Orfani di brandizione?
E’ quando scattiamo fotografie o realizziamo filmati senza imbracciare il mezzo di ritrazione.
Quando questo avviene?
Non solo con i droni: anche con fotocamere o videocamere non direttamente imbracciate, pur terrestramente.
E’ il caso di dispositivi fissati tramite ventose ad automobilistiche carrozzerie.
Tutto ciò considerato, può accadere che un video consista di sequenze ottenute in entrambi i summentovati modi, illustrando in modo polivamente – anche se non esaustivo – una situazione, senza mai toccare gli oggetti che hanno reso possibile il composito prodotto.
O di come essere diversamente sinergici, utilizzando termini oggidì in voga.
In questo filmato si salda la succitata polivalenza con il tema dei trabucchi.
Trabucchi?
Così, o anche trabocco, travocco, bilancia.
Il termine designa una particolare struttura di pesca a riva, classificata come patrimonio monumentale in Abruzzo e Puglia.
In forma giusto un poco più tecnologica nei materiali, è tuttavia largamente presente anche nell’Alto Adriatico, oltre che nelle infinite diramazioni della Laguna veneta.
Si tratta di quelle ampie reti che si protendono verso l’acqua, sorrette da un insieme di pali.
Nel già menzionato filmato l’approccio alla loro intrinseca tipicità avviene in un modo estemporaneamente atipico: prima di passare alla articolate – frontali e zenitali – riprese dronuali, l’incipit è costituito da una veloce carrellata (a 50 km/h resi costanti dall’attivazione del cruise control, curva a 90 gradi compresa) effettuata con un Dji Pocket 2 montato sul tetto della vettura impiegata tramite un granitico treppiede dotato di altrettante ventose.
Mai camera è stata toccata, ed insomma.
L’esito è prolisso – fa desiderare una versione accorciata, peraltro sempre possibile – ma ha lo scopo di mostrare la realtà descritta dal punto di vista del comune viaggiatore (automobile) e dal punto di vista di un volatile (drone).
Le località prescelte sono relativamente distanti tra loro (Sacca di Scardovari e Comacchio) ma risultano accumunate da quel senso di luminoso eppur opaco struggimento che timbricamente caratterizza quei lidi.
Ecco dunque la poliformità di fotografia e videografia: se il loro humus elettivo saldamente risiede in quelle riprese ove l’artefice è saldamente avvinto al dispositivo che le consente, le variazioni di prospettiva non possono che apportare una dilatante complementarietà.
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Claudio Trezzani
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