Oltre la sinestesia

In “Il gesuitico accidente” accennavo alla trasmigrazione sensoriale che può avvenire quando si guarda una fotografia: un atto concreto che quando avviene sul piano del linguaggio appartiene alla figura retorica della sinestesia (e così abbiamo effettuato un doppio trasferimento: prima tra sensi, indi tra lemmi).

A sua volta l’operazione pratica poggia su basi non intrinsecamente inamovibili: dietro la percezione olfattiva di muschio può stare la nostra presenza in un bosco oppure il nostro annusare una boccetta.

E non è finita qui: l’essenza che individuiamo può provenire da un aroma naturale, naturidentico od artificiale (secondo la classificazione INCI, International Nomenclature of Cosmetic Ingredients).

Insomma, è tutto un saettare di segni, simboli, significati in una infinita danza di rimandi. Ma succede che si vada oltre questa relatività, ed è ciò che si verifica nelle due fotografie a corredo di questo brano. La prima mostra dall’alto una pagoda lacustre. A lato si nota porzione di barca a vela. Essa lede irrimediabilmente la pulizia formale, ci si augurerebbe non ci fosse.

Mi interessava avere un primo piano zenitale della struttura architettonica, e il pesante tributo che ho dovuto pagare è consistito nell’indesiderata presenza (oltretutto, parziale) del natante. Osserviamo ora la seconda immagine: l’imbarcazione diviene parte “attiva” della composizione, dispiega il suo ruolo nella grafia complessiva del disegno.

In sintesi: stessa barca nella medesima situazione, eppure in un caso se ne invoca l’assenza, in un altro la presenza.

Questo sorprendente bivalenza antipodale ci porta ad Eraclito, e alla sua concezione del “logos” quale raziocinante entità indagatrice in dinamico dialogo con la ribollente cangevolezza della “physis”. Come osservava questo filosofo presocratico, non si può scendere due volte lo stesso fiume.

L’acqua non è più la stessa, l’azione lo è

Coincidenza, divaricazione, opposizione.

Ma tutto all’interno di una musicale armonia, quella stessa cui ciascun fotografo appassionatamente mira.

 

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Claudio Trezzani

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