Oltre la geometria

Non mere linee.

Sapete, la questione è il senso del quantificare.

Misurare è quantificare.

Scivolosa china, come convenzionalmente la si appella.

Come dire che una statua è migliore di un’altra perché più pesante.

Od un dipinto più convincente in quanto maggiormente esteso.

Od una stampa che accresce il valore di una fotografia quando vede inchiostrata più carta.

Ecco, …di una fotografia.

Minimo comun situazionale denominatore?

Il fatto che s’impiega la categoria della letteralità quando invece la chiave di lettura è l’espressione.

Espressione che assume le stigmate or della metafora, or della citazione, or della rappresentazione veicolata.

Una metaletteralità per estensione, ed insomma.

Non si tenesse conto di ciò, la fotografia di un albero sarebbe roba da agrimensore.

Quella di una ringhiera, roba da architetto.

Di una salina, ispezione topografica.

Ancor più brutalizzando: l’albero, la ringhiera, la salina – il pietrale spartiacque, nella salina – sarebbero giusto le mere linee che cito nell’incipit di questo articolo.

Roba da righello, ontologicamente deprivata d’intenti e sovrapposta terzietà di valenza.

No, non in quest’albero.

No, non in questa ringhiera.

No, non in questa salina.

Niente in comune, se non il poetico volo.

L’albero di Bayu Mahendra vola non in quanto linea ma in virtù della seduzione umurale.

Sì, seduzione umorale, nella doppia accezione etimologica del termine.

L’umore come moto dello spirito; l’umore come pregnità d’arborea linfa.

Il chiaro virgulto al centro dell’inquadratura sinuosamente troneggia.

Lo fa immerso in una atmosfera onirica, gravida di mistero, di scuro incanto.

La ringhiera di George Digalakis vola non in quanto linea ma a cagione della magistrale composizione entro cui canta.

Una armonica, speculare, danzante orchestrazione che distribuisce pesi con sicurezza di gesto.

George giostra con la prospettiva donando icastica bidimensionalità senza abidcare a profondità.

La severità del tratto non contraddice ma contrappunta l’umana palpitazione.

La salina – il pietrale spartiacque, nella salina – di Gerard Bret vola non in quanto linea ma grazie al superbo tono pittorico che la connota.

Già, superbo tono pittorico.

Materia riprodotta non solo quale rappresentazione dell’esistente, ma anche alludendo all’intrinseca matericità di colori stesi su tela, tali fossero stati.

E le liriche cromie, sontuose eppur fini.

Aver una visione in mente, averla prelibata, replicarla traverso lente con ispirato esito.

Ecco, la Fotografia.

Prendere cose, trasfigurarle.

Traslitterarle.

Senza tradire, portarle – innalzandole – altrove.

 

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Claudio Trezzani

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