Organico.
In biologia, ciò che è composto da carbonio ed idrogeno.
Fauna e flora, ed insomma.
Le piante e noi.
Con il regno vegetale a fare da ponte tra noi e l’inanimato.
Perché sì, i vegetali palpitano di vita.
Epperò, non hanno la nostra consapevolezza.
Che è dannazione, quando negli esseri appellati “superiori” s’accompagna alla coscienza della morte.
Anche nelle due fotografie a corredo di questo brano il regno vegetale fa da ponte.
Quella di Lars Fjellman guarda in giù.
Lo fa perchè s’affaccia su territori inanimati.
Una deliziosa – se accostata al soggetto – tonalità di muro.
Pochi dettagli in rilievo, seminascosti se il Vostro monitor non è ben calibrato.
Un vigoroso taglio, che decentra ciò che conta e simmetrizza quanto giace in subordine.
Paradosso?
No, lo sappiamo: vi sono collocazioni che vanno con lo sguardo cercate, ma poi conquistano con la loro potenzialità vettorialdinamica.
L’immagine di Piotr Kreglicki, ora.
Rara eleganza.
Rara, non rarefatta.
Perchè ogni cosa s’accorda su plurime armonie, decise eppur soffuse.
L’arabesco del vestito con il disegno arboreo.
Lo sviluppo di linee tra persona e brandito oggetto.
Il tono timbrico, di pregnante levità.
Armonie, dicevo.
Qui torniamo all’organico.
Perchè, per estensione, è appunto armonico, che significa.
E guarda su, la fotografia di Piotr, come quella di Lars guarda giù.
Giù verso l’inanimato; su verso l’umano.
Attenzione, però.
Nel precedente articolo citavo Albert Einstein.
Inquadrava l’umano, in quella dichiarazione.
Non c’entrava la gravità, lì.
Nè su, nè giù.
E’ un nuotare, un navigare.
L’orgoglio d’essere, il sapere dove.
Così, la Fotografia.
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Claudio Trezzani
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