Lo scambio sensoriale

Usualmente le fotografie o filmati che s’accompagnano a questi  miei brani ne costituiscono il centro, nel senso che l’analisi è fortemente incentrata su di essi.

Stavolta, no.

Stavolta l’immagine allegata è solo il punto di partenza, scaturigine di un vertiginoso irraggiamento concettuale che procede ben oltre lo spunto visuale iniziale.

Giusto quattro secondi di un – modesto ed insignificante per più d’un aspetto – filmato, in cui una vettura elettrica lentamente incede nella stretta via di un borgo.

Vettura elettrica, dicevo.

Ciò determina non solo l’assenza di rumore del motore termico, ma anche la diffusione di un sommesso tappeto sonoro – obbligatorio per Legge sino alla velocità di 30 km/h – necessario ad avvisare i passanti del sopraggiungere del veicolo.

Abbiamo qui un primo indizio del ragionamento che m’accingo sviluppare.

A parità di stimolo visivo – la scena che “scorre” al di là dei finestrini – si registra una assenza di sollecitazioni sonore eterogenee e “spurie”, e la presenza di ciò che convenzionalmente s’appella “sottofondo”.

Che si sostanzia nel summentovato tappeto sonoro, studiato per essere cullante e tollerabile per lungo temporale tratto.

Tappeto sonoro che diviene timidamente tinta.

Tinta?

Sapete, c’è un professore di liceo – insegna materie umanistiche – che è anche viaggiatore in bicicletta.

Quando pedala in solitudine e verso l’approssimarsi dell’oscurità si sente vieppiù pervaso da una particolare qualità di struggimento.

Una di queste volte ha indossato cuffiette acustiche, ascoltando declamato uno dei Sillabari di Goffredo Parise.
Immergendosi nella vicenda ivi narrata ha riscontrato aver beneficiato di una tinta che la letteratura ha conferito alla vita.

Che ha influenzato, eddunque, la sua contingente condizione di pedalatore in conturbante scenario.

Scenario che corre, come in automobile, ma più pregno di suggestioni sensoriali collaterali (vento, temperatura, odori, il fatto stesso d’essere coartefici del moto).

Sapete, sono un fanatico sia della misurazione “bruta” del rumore nell’abitacolo di una automobile (rilevato in decibel) sia della valutazione della sua qualità (la divisione in frequenze “buone” e “cattive” che il periodico

Quattroruote opera con il suo peculiare Indice Di Articolazione).

Ne sono fanatico, ma per converso.

Nel senso che anelo il suddetto rumore non ci sia.

Eccoci tornati al filmato della vettura elettrica.

Nessuno rumore spurio, in luogo d’esso un uniforme tappeto sonoro.

Eliminate fonti di disturbo, sostituite con un motivo d’interesse.

Motivo d’interesse?

No, qui la presenza del tappeto sonoro riveste un mero ruolo funzionale.

Ci fornisce l’occasione, epperò, di riscontrare un embrione della Spostabilità D’Attenzione.

Spostabilità d’attenzione?

Spostabilità d’attenzione rispetto allo scenario corrente.

Dunque, scambio sensoriale.

Ciò in quanto il dato visivo – preponderante per motivi di sicurezza nella percezione, settorialmente acuita dall’emergere dell’istinto di sopravvivenza – viene affiancato da un fattore di altro genere – acustico – che può colorarsi di negatività o positività a seconda della sua natura.

Negativa, se associata a emissione sonora cacofonica.

Positiva, se abbinata ad entità che possiede facoltà di linguaggio.

Facoltà di linguaggio in suoni?

Certo, nel caso del professore di liceo, ci si trovava al cospetto di linguaggio tout court, le cuffiette propalando la versione parlata di un componimento letterario.

Sappiamo anche, e tuttavia, che anche la musica è linguaggio, possedendo grammatica e sintassi.

Ed anche le arti visuali, quando orientate ad una espressione articolata e consapevole.

Dunque, linguaggio sotto linguaggio, se musica accompagna il nostro movimento.

La parola è: film.

Ogniqualvolta il nostro moto genera immagini in apparente movimento mercè nostro spostamento, e nel contempo udiamo musica, è come assistere ad una proiezione cinematografica.

Così ogni volta che ascoltiamo suoni linguisticamente codificati – in configurazione di fine, nella loro altezza ed interazione, non nella condizione di mezzo, come la voce umana in guisa recitativa, che rimanda ad altro – mentre siamo all’interno di capsula semovente, stiamo assistendo ad una rappresentazione composita inconsapevolmente – se non per nostra selezione del brano musicale prescelto, ove selezionabile – composta.

Linguaggio sotto linguaggio, musica sotto video.

Sempre “sotto”, l’entità sonora?

Sapete, la musica in automobile tende a sconfiggere la noia.

Lo scenario fuori si dipana scontato – già visto – eddunque cerchiamo  ausilio in digressioni.

Lo spostamento d’attenzione – fatta salva la suesposta condizione di necessità – si volge al fenomeno sonoro.

Come un film debole di trama o di sequenze, che al momento resiste nella goduta assimilazione solo in virtù della musica.

Situazioni da catturare oppure no?

Sapete, oggidì molti montano action camera sulle loro automobili, ed alcuni costruttori hanno principiato offrirne di serie rivolte verso l’esterno, seppur per finalità esulanti il linguaggio.

L’esito ottico di questi dispositivi è generalmente improntato all’Inverecondo, con rade e non eccelse eccezioni.

Ma ciò che conta in questi frangenti è beneficiare dell’attimo nel momento in cui lo si vive.

Quando un brano musicale che particolarmente prediligiamo si sovrappone al paesaggio al di là del parabrezza, nel nostro cervello il lobo anteriore dell’ipofisi lavora freneticamente.

Lavora freneticamente secernendo endorfine.

Il viaggio si fa più lieve, il nostro umore migliora.

E cosa avviene al cospetto di fotografie statiche?

Be’, è come con altre tipologie di opere artistiche visuali.

Si assiste all’evento visivo quasi in purezza.

Quasi in purezza poiché le circostanze possono determinare un relativo isolamento da fattori alienanti.

La stasi imperturbata di un ambiente domestico, la sommessa atmosfera di una galleria d’arte o di una pinacoteca.

La focalizzazione univoca è maggiore, anche se non esiste il completo estraniamento.

Esiste però la sindrome di Stendhal.

Sì, venire meno al cospetto di Bellezza è venire più, quando sublimemente accade.

 

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Claudio Trezzani

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