L’intrusione & l’intimità prezzolata

Potete farlo in Central Park a New York.

O a Milano.

O nel Vostro giardino, ne aveste uno.

Funziona così:

Vi sedete su di una panchina in un punto arretrato, riparato ed arboreamente avvolto, indi scattate.

Sembrerà siate in una foresta.

E che i casermoni avanti voi siano anch’essi in una foresta.

Ecco l’intimità prezzolata: eravate effettivamente in un bozzolo, ma non è vero che anche l’intorno lo era.

Poi c’è la – mirabile – fotografia di Gerard Bret.

Sì, lì non c’è il rischio che l’orizzonte liquido sia scambiato per una foresta.

Dunque, quegli arbusti lì sovrastano Voi, non la scenica interezza.

Epperò c’è di più.

Meglio, di meno.

E’ non è solo una questione di prosciugamento.

Prosciugamento?

Sì, la faccenda che ci sono poche – stagliate, graficamente affilate – cose, anche se suona peregrino parlar di asciuttezza in un contesto superiormente bagnato.

Piuttosto – e precipuamente – è una questione di metafisica relatività.

Metafisica relatività?

Provate a capovolgere verticalmente l’immagine, se V’aggrada.

Ecco, le elevate fronde divengono vegetazione.

Certo, sì, nella liquida distesa divenuta (per prospettica inversione) cielo non succedono quelle cose:
non ci sono siffatti segmenti, lassù.

E tuttavia, la sublime neutralità tonale e l’assenza di trama dei due sfondi consentono lo scambio.

Ed inoltre, difficile trovare – Gerard c’è riuscito – una sì pronunciata fermezza  negli steli per distrazione d’Eolo (nessun vento a disturbar compostezza), tal da rivaleggiare con la fissità dei pali in acqua (“originariamente” in acqua).

Ecco l’intrusione, ma dolce.

Quel piano prospettico che invade la porzione superiore – in nuce, inferiore, dicevamo – dell’inquadratura par alieno  a petto dello sviluppo complessivo.

Alieno sia per collocazione longitudinale che per valore compositivo.

Ecco, valore compositivo.

E’ lì che principia la summentovata metafisica relatività: il fotogramma da ponderoso romanzo diventa essenziale haiku.

Da romanzo ad haiku perché non c’è più una giustapposizione di piani, una estesa descrizione naturalistica, pur condensata.

C’è invece una scrittura eminentemente bidimensionale, fatta di tratti che non nutrono ambizione aerea.

Non nutrono ambizione aerea?

Sì, poiché sono lì a punteggiare, non a rappresentare fisicità.

Ecco, la Fotografia: rendere, variare, sognare.

 

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Claudio Trezzani

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