L’automobile naviga nella nebbia.

Luoghi noti, ma intrisi di riformulante soffusitudine.

D’un tratto, apparizione.

Capannone industriale, linea, spigolo.

Depurati dalla volgarità di una luce impositiva.

Nell’area fiochità, solo loro emergono.

Prosciugamento formale in umidore ambientale.

Devo tornarci, a patto d’incontrare medesime condizioni.

Prima di farlo, m’imbatto nella fotografia di Keit Pellig. 

L’atmosfera coincide con quanto altrove vidi.

Mirabile.

Il fuoco previlegia rigore nel disvelare linea, ma convergere lì non significa abiurare poesia.

Tutt’altro: l’algore che un inconsapevole compasso parrebbe promanare per converso esalta l’attorno.

Che è onirico, perché sfumato.

Decenni fa una diffusa corrente pittorica dipingeva così le case.

Squadrati blocchi, ma qui derivano dal sogno.

La geometria si fa carne, perché travalica la mera enunciazione infondendo una plasticità agognata.

Ancora linea.

La fotografia di Chiara Gridelli. 

Sapete, più volte in questa rubrica mi sono occupato del concetto di reificazione.

Qui è virtuosa.

Perché il soggetto s’annulla con convinta consapevolezza.

Partecipa, ecco.

Al nitore, alla proiezione, al concepimento come alla concezione.

L’arazzo si sublima nella sua rarefazione, in un dissolvimento controllato che fermamente elude l’oblio.

Linee.

La Fotografia se ne nutre, conducendole a trascendenza.

 

All rights reserved

Claudio Trezzani

https://www.saatchiart.com/account/artworks/874534

 

 

 

 

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: Alert: Contenuto protetto!