Practice, practice, practice, practice. Lo ripete quattro volte il funzionario di Polizia.
Siamo in una piccola città del Texas, e l’Amministrazione gli ha affidato un Matrice, grosso quadricottero di Dji vocato alle situazioni critiche, che usano anche in supporto ai Vigili del Fuoco.
Subito prima aveva specificato: the key is practice.
E l’intervistatore di rimando: the thing is practice, there is not a magic app. Perché i due s’infervorano?
Pensiamo ad uno strumento musicale. Per padroneggiarlo compiutamente occorre almeno una decina di anni, a dosi giornaliere di quattro o cinque ore. E l’esercizio deve essere continuo: giorni fa dovevo eseguire delle orbitazioni manuali, ed è bastato l’intercorrere di un po’ di tempo rispetto alla precedente esecuzione per vedermi peggiorare nettamente nella manovra. Non è consentito prescindere da ciò, unica via concessa ai conduttori di droni per conseguire il pieno controllo del loro dispositivo.
L’intervistatore del poliziotto osservava: there is not the magic app. Intendeva dire: non si può affidare tutto ad essa, niente di buono ne può scaturire se il conduttore è incapace per difetto di pratica.
Ora però Dji – si badi, non sono un ammiratore incondizionato di questo marchio, al quale non ho risparmiato critiche quando ho ritenuto fosse il caso – ha approntato una versione evoluta dell’applicazione Dji Flight Simulator.
Rispetto all’edizione precedente, che definire embrionale rappresenta un deciso eufemismo, sigla un notevole passo avanti.
È un programma esoso quanto a risorse di sistema (controllate le caratteristiche di processore, memoria totale, memoria della scheda video, spazio disponibile su disco e versione del sistema operativo rispetto alla tabella che Dji ha pubblicato, prima di scaricarcarlo) proprio perché è molto articolato nelle funzioni che offre, consentendo di simulare una rimarchevole varietà di scenari operativi, assecondando la curva di apprendimento in un ambito di sicurezza.
Gli americani dicono anche, a proposito della cilindrata delle automobili, come sa anche Marco Cavina: there is not substitute for displacement.
Ecco: quando siete “out there” come ritualmente ammoniva ogni mattina il simpatico sergente nella fortunata serie televisiva Hill Street night and day, l’unico aiuto che potete ottenere è da voi stessi, e ogni errore potrebbe pagarsi duramente.
Dunque: esercizio, esercizio, esercizio.
A casa con il nuovo perfezionato simulatore, e di più in ambiente reale, ma protetto (un campo agricolo è l’ideale), prima di affrontare situazioni complesse.
Noterete una progressiva acquisizione di lucidità: la mano sarà più sicura, ma soprattutto la mente sarà sempre più libera di esaminare e gestire più parametri simultaneamente.
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