L’Incarico

Montanelli diceva: “se non mi capite, l’imbecille sono io”.

Già, i doveri della divulgazione.

Divulgazione con parole, nel suo caso.

Il responsabile di una agenzia di stampa americana lo ammonì: “scrivi in modo che Ti capisca un lattaio dell’Ohio”.

Ecco, Ohio.

Scomponendo ed esclamando diventa: “Oh! Io!”.

Ecco, a dispetto di ciò a Montanelli  apparentemente si chiedeva di abdicare all’Io.

E non lo fece.

Personale fu, anche se lineare nell’espressione.

Ma qui si tratta d’immagini, non di parole.

Altro esempio, allora: giovane fotoreporter chiede d’essere ingaggiato da un quotidiano.

Anche questo è accaduto davvero.

Per non rischiare, lo si mette alla prova facendoli fotografare una rotonda stradale.

E la fotografa, la rotonda.

Da ogni angolazione, niente si fece mancare.

L’incarico, l’ottenne.

Da ora in poi, invece, scherzo.

Lodi, piscina pubblica è in corso di demolizione.

Il direttore del quotidiano locale mi dice: vai a fotografarla prima che non ci sia più.

Vado, ed il risultato è quello che potete osservare nell’immagine a corredo di questo brano.

Cosa pensate sia accaduto, dopo?

“Non lavorerai mai più in questo giornale!”, perentorio tuonò il direttore.

Eppure, la piscina è proprio quella.

E lei non lo sa, proprio perché è una piscina, ma il suo fondo reca un’opera d’arte.

Un’opera d’arte “in fieri”, era ed è.

All’inizio – quando fu costruita – niente.

Il fondo era regolare, e nessuno dei colori che vedete albergava nelle sue profondità.

Poi arrivarono corrugazioni, costellazioni, bagliori d’infinito.

Sì’, è proprio una progressione ascendente: da corrugazioni costellazioni; da costellazioni bagliori d’infinito.

Da materia d’impersonale regolarità, a pittorica fantasia.

Tentai di spiegarlo al direttore.

Mi rispose: “non m’interessa, volevo una piscina e m’hai portato una insana insensità.

Sì, “una insana insensità”, ha detto proprio così.

Fors’allora anche  costui – con questa forbita alliterazione – è abitato da poetica vena.

Ma si è riscosso subito.

Precisando: “se vuoi davvero che permanga nel ricordo dei posteri, devi  portarmi una piscina che sia riconoscibile come tale”.

“E contestualizzarla, anche”, aggiunse.

Già, l’istanza documentale.

Non solo a Montanelli arcigni caporedattori dicevano: “niente voli pindarici, sei qui per riferire”.

Se vuoi che una cosa sia compresa, la devi far apparire – in parola, in immagine – in modo riconoscibile.

Ma quale deve essere la qualità di una rimembranza?

Ecco, il verbo è sbagliato.

“Dovere” è cosa che riveste i crismi della necessità ponendo in relazione intento e risultato.

Prima occorre saper leggere –  vale in senso metaforico, in Fotografia – e se Tu fotografo non fornisci a chi guarda gli strumenti per farlo, l’imbecille sei Tu, come diceva Montanelli.

Terzo esempio, qui si ritorna al Vero.

Appassionata di musica deve sostenere un esame di solfeggio.

Dunque, di grammatica e sintassi, traslando l’ambito.

Va da un ispirato artista, che le spalanca un mondo.

Quel mondo, però, non le consente di superare l’esame di solfeggio.

Aveva bisogno di letteralità, gli è stata data poesia.

Non mandate mai me, per tramandare le cose come originariamente furono.

Io sono un montanelliano imbecille, in questo ed in molto altro.

Non che vario, solo estraendo astraggo.

Parlavamo di ricordare.

Piscina fu, indi la buttarono giù.

Ma la cesura non narra la storia.

Perché prima di non essere più, quella piscina ebbe un travagliato percorso esogeno, dalla primigenia funzione a visuale alterità: nei decenni il suo fondo si modellò, il divenire fu erratico nello svolgersi ma pregnante nel compimento.

Ecco, ciò anche avvenne.

 

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Claudio Trezzani

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