Scena prima, è successo davvero ed io ero presente: Giovane fotografa vetrina di telefonini, gestore irato esce argomentando che sarebbe stata buona grazia implorare preventivo permesso.
Non siamo – è accaduto in Sardegna – alla supposta privacy sulle pecore, ma la strada dell’idiozia è quella.
Perché sì, va da sé, lo sancisce l’etimologia istessa: deriva da vetro, dunque dal latino videre, vedere.
Cosa fatta per essere vista, eddunque.
Appurato che si può, rimane il cosa ci si trova.
Cosa ci si sa trovare, volendo interrogarsi sul punto.
E qui si pone un ulteriore problema, comune a quello relativo alle opere d’arte esposte in musei o pinacoteche: ha senso, fotografarle?
Sì aggiunge qualcosa nell’operazione, eccioè?
Il quesito intuibilmente astrae da lavori su commissione, ove l’istanza documentaria fornisce il situazionale senso.
Vetrina d’antiquario, la circostanza si pone su un crinale che è anche spartiacque: dipinto sì, ma anche Pinocchio.
Si tratta di una giustapposizione, eccioè.
Parzialmente involontaria giustapposizione, suppongo: entrambi gli articoli erano destinati alla vendita, il loro accostamento ha potuto comportare una scelta dosatamente artistica oppure no.
In ogni caso, il prodotto è un insieme.
Un insieme che miscela intenzione e caso, con risultati tanto rilevanti quanto impreveduti.
Ma che dire dell’altra fotografia a corredo di questo brano?
La vetrina era in disarmo, eddunque non più una vetrina.
Era in disarmo nella funzione di mostrare, serbando quella residuale di separare.
Ma davvero era in disarmo nella funzione di mostrare?
Io penso di no, i muratori di sì.
Anche questo episodio si è realmente verificato.
Sapete, a me interessava quel panno rosso e come esso s’interfacciava a ciò che l’attorniava.
Arrivano due muratori: gentili, ma assai perplessi e vagamente ostili.
E turbati, dopo la mia risposta.
Perché avevano iniziato con un timido: “non si può fotografare in un cantiere [intendendo i lavori all’interno del locale, ndr]”.
Ho spiegato loro che invece ciò era consentito, e ho aggiunto che il mio interesse era primieramente rivolto al panno.
E’ qui che ho percepito il loro turbamento: il panno, il panno.
Cosa può generare afflato per un panno?
Ecco allora il ruolo della fotografia: creare segno, ove letteralità lo nega.
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Claudio Trezzani
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