Archivi RAI. Un Mario Soldati ancora tricologicamente scuro si spinge a maneggiare coltellacci in cucina, da tanto che ama una trattoria di Bondeno.
Ma il torinese non si trattenne lì solo guidato dal palato: anche l’occhio suscitò in lui apprezzamento. E non fu l’unico tra i registi a bazzicare la zona: un altro letterato come Zavattini, e un collega di cinepresa come Bertolucci. Gli è che ci fu un tempo in cui quelle ubertose piane furono fatte oggetto di esperimenti urbanistici di sapore scenografico, oltre che funzionale. Sabbioneta, oltre Bondeno. E Pomponesco, oltre Cortemaggiore (che rimirai in occasione di una conferenza che tenni sui droni).
Nel caso di Bondeno e Pomponesco, poi, un ulteriore elemento di interesse si aggiunge: il fine, ancorché vistoso, gioco cromatico che fa rincorrere tinte pastello sulle facciate delle abitazioni (e qualche brandello di questo intento di coglie talora pure in sparute teorie di edifici allineati tra i campi).
Pomponesco, dicevo. Immaginiamo di aver ricevuto l’incarico di una documentazione iconografica del sito. Niente di che, un lavoro alle tariffe correnti: un milione di euro dal Comune, altrettanto dalla Provincia.
Con queste cifre possiamo abbondare sull’attrezzatura. Cominciamo così dall’interno dei portici: un potente teleobiettivo e la compressione dei piani che rende più serrato il dialogo tra colori (nella prima fotografia a corredo di questo brano). Indi intendiamo abbracciare tutto: preparato il drone – ma non decollando dalla piazza stessa per non approssimarsi oltre il consentito a persone che potrebbero all’improvviso palesarsi – otteniamo una visione zenitale d’insieme del luogo (nella seconda fotografia, con l’arbitraria interpretazione tonale secondo i dettami del teil orange).
Ora desideriamo ottenere una visione frontale grandangolare ad altezza moderata seppur superiore a quella umana: ecco la terza foto dronuale qui riportata. La faccenda dell’altezza di ripresa di poco superiore a quella umana ci porta ad affrontare uno specifico tema: quello delle carrellate ottenute camminando mentre si brandeggia la propria fotocamera inserita in un sistema di stabilizzazione meccanica a tre assi.
Mentre il binario steso a terra rimane una soluzione preziosa in ambito strettamente cinematografico, la diffusione degli stabilizzatori meccanici pluriasse da abbinare alle più professionali reflex e mirrorless si sta rivelando un potente, potentissimo mezzo espressivo letteralmente in mano ai videografi. In questo caso rappresenta uno strumento prezioso per una carrellata laterale esterna che faccia danzare e progressivamente dischiudere l’armoniosa scansione dei portici.
Purtuttavia, effettuate le riprese ad altezza umana, si gradirebbe operare allo stesso modo all’altezza del primo piano degli edifici.
Qui la cosa si complica: non possiamo chiedere a Mario Soldati uno di quei pullman della RAI che ancora negli anni sessanta recavano una sommitale piattaforma avventurosamente attingibile tramite una curva scaletta esterna: in alternativa potremmo avvalerci di una di quelle automobili che Google manda in giro per la realizzazione della mappatura di Street View.
Ciò a significare: l’approccio integrato è quello che consente ed induce a giostrare con le più disparate attrezzature per cogliere i più variegati sapori.
Come spesso affermo, il fotografo e il videografo possono talora pensarsi quali pittori alle prese con poliedriche scelte di pennelli e tavolozze.
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