Il drone era alla ricerca di corrispondenze, antitesi, relazioni.
Dapprima mi ha chiesto il bianconero.
Era sua intenzione esprimere rigore geometrico attraverso una sobria scala di grigi.
Esplorando zenitalmente un luogo di archeologie industriali ha trovato dapprima un intreccio che fonde contrapposizioni e amalgami.
Prima fotografia a corredo di questo brano, di essa stiamo parlando.
Al centro vi è purezza nell’omogeneità: la curvatura dei tetti delinea forme seriali cadenzate da listelli orizzontali.
A sinistra dell’insieme, quasi costa di libro, un fascio di verticalità contrappunta il motivo e trova icastica corrispondenza a destra, sino a ribadire con forza la scansione orizzontale presso il margine dell’inquadratura.
All’estrema e simmetrica sinistra la natura preme con rigoglio ma non senza disperazione, memore della compressione cui va soggetta.
Un ritaglio quadrato – siamo alla seconda fotografia allegata a questo articolo – prosciuga il segno in un sistema
in sè conchiuso.
Indi, nella terza immagine compare l’elemento installativo.
Sì, quegli oggetti e frammenti sparsi sul tetto con riemerse cromie inconsapevolmente alludono al plastico allestimento di uno scultore.
Nella acquistata verticalità si dipana una lussureggiante matassa tridimensionale.
La quarta fotografia, infine.
Un sintetico accostamento: il sublime disordine dei due avviluppi in neritudine – li si direbbe stracci – apportano un pigrità cinetica che mollemente movimenta la feroce ma immota teoria di bande nere alternate alle terrose.
Ecco perché ho titolato “La Transizione”.
Algida impersonalità ed estroso arbitro si rincorrono, pugnano e riappacificano in una trama complessiva che cerca necessità nell’ondivaga compresenza.
La Fotografia consente anche questo: nell’isolare fa emergere un gesto artistico latente: non c’era intenzione, vi è stata infusa.
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Claudio Trezzani
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