Pleid.
Utile in questo inverno, ma evoca qualcosa di quieto, nonnesco.
Invece la nuova Tesla Pleid…
Ops, apofonia vocalica.
Perché la nuova Tesla che va da zero a cento in due secondi e uno si chiama Plaid, non Pleid.
Da “They’ve gone into plaid”, una roba di cinema.
Figuriamoci che oltreoceano dichiarano un tempo persino inferiore, perché prendono a riferimento lo zero-sixty, e sessanta miglia orarie corrispondono a novantasei chilometri all’ora.
Sì, ma cosa c’entra con i droni?
Sapete, i “veri” droni sono quelli che vanno a carburante liquido.
Militari, coprono grandi distanze per ricognizione o sganciare bombe.
Con i droni civili sino ad ora la faccenda era: volano bene, ma non a lungo.
Tutta colpa delle batterie, non assicurano ancora una autonomia significativa.
Sino a che è arrivato il Dragonfish.
Sì, lo Stomias Boa Boa, dell’Ordine faunistico Stomiiformes.
Quel pesce mostruoso che vive negli abissi.
Che poi, avrebbero fatto meglio a chiamarlo Dragonfly, libellula.
Sia perché non va mica in acqua.
Sia perché è ancora relativamente leggero.
Parte dai quattro chili, a salire in dipendenza dal tipo di camera installata.
E allora?
Allora il Dragonfish è elettrico, come la Tesla.
È veloce, centoventi all’ora nel suo segmento di mercato sono tanti.
Ma c’è un altro centoventi che qui c’interessa di più.
È l’autonomia massima dichiarata.
Bingo, direbbero sempre loro, quelli lì che stanno oltreoceano.
Un momento, epperò.
Da pregresse esperienze sappiamo che i costruttori sono spesso allegri nel dichiarare questo dato (proprio come la Tesla, che l’autonomia massima la dichiara a centocinque all’ora con il condizionatore spento…).
Eccomunque, parliamo pur sempre di un veivolo che – pur potendo essere pilotato con la patente per operazioni non critiche – presenta caratteristiche d’ingombro e costo che non gli permettono certo di essere annoverato tra i prodotti consumer.
Ma come ci riesce, ad avere siffatte doti areonautiche?
Ha un’ala fissa, oltre alle pale da elicottero.
In decollo ogni elica è in posizione orizzontale; in volo le due sulle ali si posizionano verticalmente.
E prima del decollo c’è un po’ – ma neanche tanto: non si tratta di un modello inassemblato – da lavorare:
robusto stativo su cui issare antennone; antennine sul radiocomando.
Risultato:trenta chilometri di lasso comunicazionale dichiarato.
Sì, avete già capito: il suo terreno (cielo…) d’elezione non è una superficie elimodellistica.
Il Dragonfish è stato pensato per l’ambito industriale.
Ed alza l’asticella per i compiti istituzionali delle forze dell’ordine.
Solo con questa autonomia si può davvero pattugliare in continuità.
E il mezzo è in grado di riconoscere e tracciare più d’un soggetto alla volta.
Rispetto a ciò, vi è il variegato e promettente tema dell’intelligenza artificiale applicata a veicoli semoventi, e anche qui una comparazione con la Tesla è possibile.
In sintesi, l’elettrico avanza.
Il chip, avanza.
Ed è tutta manna.
Perché la circolazione aerea pone ineludibili questioni di sicurezza.
L’evoluzione di questo dispositivi, aiuta.
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Claudio Trezzani
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