Esiste una composizione musicale in cui l’autore prescrive un taceat – una pausa in cui nessuno suona o canta – di parecchi minuti consecutivi.
Certo, una provocazione.
Un punto di …rottura, come il taglio su tela di Fontana.
Ma oggi parliamo del rumore del silenzio.
Della presenza dell’assenza.
Prima fotografia a corredo di questo brano.
Porzione di ombrellone appena sotto l’orizzonte, che il mare permette sia linea.
L’immagine si articola in questo sommesso dialogo.
La densità del manufatto si relaziona con il severo e ampio taglio tra acqua e cielo.
Seconda fotografia.
Ora l’ombrellone è più vicino, e la summenzionata demarcazione dello sfondo non è più intellegibile.
Tuttavia l’oggetto ha bisogno di respirare.
Il respiro gli è dato dall’aerea sospensione che l’attornia.
Terza fotografia.
Masse ruotano nel groviglio di corda e metallo, circondati da un tono uniforme di sensibile impassibilità.
L’antitesi rafforza, ed insomma.
Un segno vive traverso l’altrui negazione.
In fotografia per generare eloquente assenza abbiamo due mezzi: sfocare e/o prolungare il tempo d’otturazione.
L’esercizio di questa prassi schiude mondi nell’attimo in cui li elide.
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Claudio Trezzani
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