La gioiosa dicotomia

Più volte, in questa serie di articoli, mi sono occupato del concetto di astrazione in fotografia.

È un tema che da parte mia incontrerà ulteriori trattazioni, e che nel presente brano trova una specifica declinazione.

Nella notte m’imbatto in un incantevole scenario.

Lo definisco tale a dispetto degli imperanti canoni relativi all’aggettivo, che non riconoscerebbero allo scenario alcunché d’attraente.

Purtuttavia, l’inganno risiede nell’attribuzione prioritaria della riconoscibilità funzionale: una volta invece che ci si è emendati dalla connotazione tendenzialmente negativa (produzione di emissioni potenzialmente nocive) che lo scenario promana, l’orizzonte percettivo diviene sgombro e ricettivo ad ogni intensa e stratificata suggestione.

Si tratta di vedere l’insieme come un promettente veicolo di cangianti rapporti tra forme e relazioni. In particolare, si profila una potente dicotomia: il contrasto tra l’imperturbabile fissità dell’industriale canneggio e la sfuggente infinita morfologia delle vaporose volute.

È un contrasto che sovente si ricerca espresso dall’acqua resa setosa dalla lunga esposizione (con l’intento di rappresentare un fluire) e l’immobilità di ciò che l’attornia. In questo caso, invece, le parti parzialmente si invertono: pur permanendo il senso di fissità del manufatto, le vaporose volute acquistano una unicità di soggetto ad ogni scatto, anziché annegarsi in una impersonale aggregazione al servizio di un fluire indifferenziato.

Di fronte a queste valenze in gioco la scelta è stata di attribuire una pressoché assenza di dominanti cromatiche alle vaporose volute: benché esse pongano una ulteriore dicotomia (la calda emissione contrapposta al metallico algore), l’attribuzione di una gradazione Kelvin suggerente una sensazione termica avrebbe comportato un riflesso, anche se debole, nel canneggio, cui invece ho voluto attribuire una connotazione di distante indifferenza.

Inoltre, l’assenza di caratterizzazione cromatica delle vaporose volute e la temperatura colore generale di timbro fresco contribuiscono a lasciare che l’attenzione s’incentri sulla danza di forme.

Di queste intenzioni e realizzazioni lascio qui due esempi, estrapolati da una lunga serie.

Si noti altresì che anche il cambio di inquadratura assolve ad una funzione, seppur complementare rispetto allo scopo generale di creare una dicotomia: variare il campo di relazione tra elementi.

Inserisco così tali considerazioni nel più ampio solco dell’astrazione in fotografia, la cui trattazione come anzidetto proseguirà: è una esortazione a vedere oltre, ad una trasfigurazione del pensiero che apre strade e mentali coltivazioni.

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