Vasca di depurazione.
Al mio drone non interessa la funzione, lui è immune da intossicazioni.
Gli preme un’altra cosa, piuttosto.
Scovare Arte Involontaria, questo è il compito che si è dato.
La prima fotografia a corredo di questo brano mostra la vasca nella sua tonda interezza.
Recando il peccato originale di non essere geometricamente allineata ai manufatti che l’attorniavano ho eliso le sue limitrofìe, tuttavia la sua destinazione d’uso è ancora intellegibile.
È peraltro rimarchevole che la visione zenitale svela disegni altrimenti inattingibili, e che questa prospettiva è assai più allettante di quella frontale terrestre, che nulla lascia intuire della ricchezza grafica che custodisce.
Ma la fotografia più significativa è la seconda.
Avvicinando, ci conduce altrove.
Proprio così:
il senso comune ci dice che qualsiasi entità vista da vicino non fa che maggiormente chiarire – il sembiante diviene più dettagliato – sé stessa.
Qui invece la cosa funziona all’incontrario.
Potendo ora quasi pescare nella vasca, improvvisamente ci troviamo al cospetto di un capolavoro di Arte
Involontaria.
Vi è un virtuoso connubio tra potenza grafica – la struttura metallica – e insinuante morbidezza della vegetazione.
Il risultato – che in realtà è frutto del Caso – è qualcosa che un pittore vorrebbe aver dipinto.
Ecco, la Fotografia.
Sondare misteri ponendosi in neutra – ma fervorosamente ammirata – terzietà.
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Claudio Trezzani
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