Non credevo ai miei occhi.
Eppure, dopo aver visionato al computer il filmato che avevo realizzato all’alba presso Porto Garibaldi, ho dovuto – non senza spavento e sconcerto – ammettere tre cose straordinarie che colà accadono.
Eccole enumerate:
- il sole sorge dal mare
- il sole è più grosso
- il sole si muove.
Queste le mie obiezioni, punto per punto:
- se sorge dal mare, perché è subito incandescente?
- contraddice l’esperienza sensibile
- l’ho visto sì in posizioni diverse nel cielo, ma senza muoversi. Ne deduco che ogni volta è un sole diverso.
Perché questo ameno divertissement?
La questione in realtà è seria.
Scherzando, abbiamo evidenziato una cosa: la videografia – al pari della fotografia – può cercare ed ottenere la differenza.
Cose che appartengono al mondo sensibile, ma non alla nostra percezione sensibile.
Cose che sono effettive sebbene noi le avvertiamo diversamente.
Basta un grandangolo od un teleobiettivo, alla bisogna.
Ed anche mantenendo un angolo di campo assimilabile al visus umano, possiamo pure imbatterci in Platone pur senza entrare in caverna.
Abbiamo così individuato due filoni:
- inganno che discende da artifizio tecnico
- inganno che enfatizza una illusione già presente senza mediazioni riproduttive.
Fallaces sunt rerum species, ed insomma.
Ciò contrasta con l’istanza documentaria?
Non necessariamente.
E mai, a patto di possedere i codici di lettura.
I mezzi consueti della fotografia di strada, che parrebbe terreno d’elezione della fedeltà: bianconero e grandangolo.
Entrambi contrastano con l’esperienza diretta, ma non la contraddicono.
I movimenti accelerati.
La possibilità di ottenerli è ormai patrimonio della conscietà universale (salvo tribù remote).
Tutto ciò rende insidiosa – perché sfaccettata – la definizione di plausibilità.
In fotografia abbiamo una plausibilità intrinseca che però si stempera all’esterno.
Intrinseca, perché traiamo dal reale.
Evanescente, perché ogni volta – già dall’inquadratura – connotiamo.
Siamo in bilico, nell’espressione, tra letteralità e letteraria sospensione del giudizio.
Tendiamo ad evocare, ma non principiando da una tabula rasa.
Non possiamo generare, solo manipolare.
Ma manipolando, rigenerare.
Infondere linfa anche peregrina, se lì ci conduce il linguaggio.
Esplorare l’altrove che sempre occhieggia.
Situarci ove l’interno reclama.
Sì, la fotografia è un viaggio che parte da dentro.
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Claudio Trezzani
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