Sempre rifuggo le mode ove ricettacolo di controproducente insensatezza. Ma esistono prassi la cui diffusione è espressione di proprietà. Una moda virtuosa – tra tante di segno opposto – in ambito dronuale è costituita dalla ripresa di cascate che parte frontale per poi progressivamente divenire zenitale.
Accompagnata o no da contestuale elevazione, essa ha il pregio tanto di illustrare lo sviluppo complessivo della precipitazione acquea quanto di svelarne disegno diversamente inattingibile, quello del sinuoso incedere del flusso nella visione zenitale, che se tende ad annullare la percezione di profondità, rendendo pressoché inintellegibili i salti, d’altro canto mostra insospettate connessioni. Il graduale raccordo – che appunto si attua tramite progressiva inclinazione – delle due prospettive apporta dinamismo che rafforza il coinvolgimento di chi guarda. Il filmato a corredo di questo brano – realizzato con il mio drone – illustra questa situazione.
Purtuttavia, aver menzionato l’inclinazione mi fornisce spunto per soffermarmi su di un difetto che troppo spesso si nota nei video amatoriali con droni: gli sbalzi nei cambi di direzione. Ciò è da evitare: se può essere utile in una veloce ricognizione a scopo funzionale, appare oltremodo inopportuno in un filmato con finalità di linguaggio.
A proposito dell’inclinazione, esistono diversi strumenti per imparare a padroneggiarla, ovvero renderla con fluidità. Se il principale mezzo rimane una indefessa – prolungata, insistita, ripetuta – pratica, è possibile prestare attenzione alle pieghe dei comandi.
Per esempio nei modelli Dji la relativa ghiera di rotazione posta sul radiocomando presenta un “inizio corsa” la cui individuazione è suscettibile di notevoli miglioramenti azionatori con l’accrescere della sensibilità maturata dal conduttore. Si tratta cioè di sottoporsi ad una lunga pratica per raggiungere la piena familiarità con il comportamento del cursore.
Pur non essendo questa fase eludibile se si vuole fare sul serio, nei menù della relativa applicazione è anche possibile predeterminare non solo la reattività generale del comando, ma anche la “dolcezza di transizione” tra la fase passiva e quella attiva della regolazione. In alternativa, il movimento di inclinazione può essere regolato spostando verticalmente il dito sullo schermo del dispositivo abbinato o no al radiocomando.
Questa soluzione risulta di per sè più progressiva, se appropriatamente eseguita e con riferimento alla calibrazione del costruttore, ma occorre capire una cosa: considerando che con il progredire della dimestichezza con le prassi di volo si può arrivare a far compiere al velivolo anche quattro tipi di movimento in simultanea, l’attivazione a dito di uno di questi comporta un certo grado di squilibrio nel brandeggiare l’insieme.
Dunque il presupposto rimane il medesimo: praticare, praticare, praticare. Solo così si acquisirà quel controllo che è presupposto della libertà espressiva.
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Claudio Trezzani
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