La congiura del (dis)ordine

Cosa è stato concepito per essere visto, nella fotografia a corredo di questo brano?

Giusto linee e frecce disegnate per terra.

Che poi terra non è, bensì parcheggio ricavato dal tetto (il livello del suolo fa capolino solo in corrispondenza dell’angolo in basso a sinistra, nell’inquadratura).

Tutto il resto è consegnato all’ordinaria visione frontale, chè per abbracciare di più con lo sguardo è necessaria la visione zenitale sopraelevata propria del drone utilizzato per questo scatto.

Il quale velivolo dunque pone inedite dialogiche relazioni.

Tra le cose che vedrebbe il solo uomo, e le cose che può scorgere solo mercé il ronzante gingillo.

Nell’ambito di questa totalità che si snoda tra il funzionale e l’accessorio – assai meno recando i crismi della fruizione estetica voluta – registriamo un ulteriore rapporto proprio di un sottoinsieme.

Esso è costituito dalla compresenza di manufatti realizzati e sovrapposizione dell’usura del tempo.

Così i riquadri del calpestabile automobilistico s’arrichiscono di suggestivi disegni – rotanti ed irregolari – generati da prolungato uso della superficie.

E dove la superficie non è stata calpestata, non dissimilmente l’azione degli agenti atmosferici apporta soluzione della primigenia continuità lineare.

Abbiamo così la congiura dell’ordine con il disordine, a sortire un novello complessivo ordine.

Congiura è trattenendo l’originaria etimologia latina:
coniurare, giurare assieme.

Le forze dell’ordine e quelle del disordine giurano di macchinare e tramare, ma per un esito virtuoso:
quello d’elargirci un piacere visivo che si nutre di una variegata giustapposizione d’elementi.

Ecco, la fotografia: offre arazzi, a noi il delizioso compito di rileggerne l’ordito.

 

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Claudio Trezzani

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