Su quanti fotogrammi al secondo potevano contare i cavernicoli della grotta di Altamira nel periodo Magdaleniano Paleolitico Superiore?
Inizialmente si erano dotati delle reflex “sportive” Canon e Nikon, indi uno di loro provò un particolare modello di mirrorless Sony, non incontrando tuttavia l’approvazione unanime del resto della tribù.
Cosa intendo significare?
Lascio volentieri la parola al compianto storico dell’arte Giulio Carlo Argan, che cita rielaborando un pensiero altrui: “È una pittura non di rappresentazione ma di azione: non si raffigura qualcosa di accaduto e rievocato, ma qualcosa che si vuole che accada e che si anticipa con il pensiero (omissis)
Il pittore-cacciatore fissa soltanto ciò che percepisce in quell’istante”.
Dunque, sia la scena desiderata e/o già vissuta, il minimo comun denominatore tra fotografia e quel tipo di pittura rupestre è la coglizione dell’attimo.
Se il cavernicolo avesse avuto al massiccio collo il collare di una Canon D1X o di una Nikon D6 quando il bisonte
lo aveva sfiorato, oppure terra, carbone e succo d’erba una volta fatto ritorno in grotta, l’emozione e l’intenzione non sarebbero mutati.
Scena desiderata e/o vissuta, dicevo.
Una volta mi trovai fermo in sella sul bordo di una strada di campagna. D’un tratto fui superato da una ragazza in bicicletta.
Il subitaneo istinto, presto represso, fu di inseguirla.
Cosa era successo?
Prima ancora di una pulsione sessuale, era emerso il moto ancestrale del cacciatore.
È ciò che succede a ciascuno di noi ogni volta che inseguiamo un soggetto con l’occhio appoggiato alla conchiglia dell’oculare.
Se si tratta di persone umane giocano ulteriori dinamiche, ma il meccanismo s’innesca per qualsivoglia altro oggetto di ritrazione.
Ciò si verifica in situazioni dinamiche, ma il processo mentale si attiva anche in quelle statiche (pensiamo agli appostamenti naturalistici).
Già, il processo mentale.
Argan sottolinea anche un’altra cosa: che la raffigurazione può previsualizzare un accadimento futuro.
Il tema è profondo, qui faccio meramente balenare indizi.
In fotografia il “pensare prima” uno scenario esige mediazione con la realtà.
Ciò che vogliamo può non coincidere con ciò che troveremo.
Certo, in still life siamo anche artefici.
E nella ritrattistica vi è un entusiasmante instaurazione dialogica correlazione con i soggetti.
Ma la complessività del veduto presenta una autonoma assertività, consapevole od ignara a seconda degli scenari.
Ecco allora che la prefigurazione “parte da qui” :
L’idea che avevamo viene innervata dalla sensazione del momento.
Il desiderio pregresso viene osmoticamente infuso della vibrazione a catena che lì per lì si verifica: troviamo una palpitazione, la facciamo nostra.
Ecco, la fotografia: ogni volta, il passato incontra il presente per offrirsi al futuro.
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Claudio Trezzani
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