Interdisciplinarietà & Interemozionalità

“Brunelleschi…” disse Dante, alludendo all’armonia degli elementi.

“Michelangelo…” commentò Diotivede, pensando alla materia trasformata in vita.

“Leonardo…” continuò Arcieri, omaggiando la tecnica al servizio della fantasia.

“Pontorno…” disse Bordelli, accennando alla follia dell’invenzione trasformata in equilibrio.

“Caravaggio…” mormorò Rodrigo, per i contrasti potenti e coraggiosi.

[…]

“Cézanne…” disse il sardo sorprendendo tutti: l’incomprensibile potenza della semplicità.

Da “L’anno dei misteri” (Ugo Guanda Editore) del sapido, affilato narratore Marco Vichi.

Pittori, scultori, architetti ante litteram.

Quanto c’entra con la Fotografia?

Molto, se la rimiranda immagine è quella di Lars Fjellman a corredo di questo brano.

O dell’interdisciplinarietà ed interemozionalità, è il titolo del presente articolo e si riferisce all’osmosi nelle neuroniche elaborazioni e nelle palpitanti ricezioni delle nostre menti e dei nostri cuori.

Altrimenti esplicitando: volendo banalmente unificare nel lemma “sensazioni” quelle che proviamo al cospetto di un’opera d’arte – di qualcosa che vi riconduca, non necessariamente informata di primigenia univoca intenzione – esse non sopportano confino in singola branca o in esclusivo ambito dello scibile.

Coup de théatre, ora ed infatti: i personaggi di Marco Vichi stanno parlando di un vino.

Sì, proprio un vino.

Cose vagano, reciprocamente s’intridono, dolcemente collidono, nelle nostre teste.

E lo fanno catalizzate da altre cose, fuori.

Il palato suggerì a quegli estatici delibatori definizioni che ebbero scaturigine in pregresse coglizioni, al cospetto d’altrui parti.

Rimembrate?

Materia trasformata in vita, tecnica al servizio della fantasia, follia dell’invenzione trasformata in equilibrio.

Ecco, questa è la foglia di Lars Fjellman.

Foglia, soprabito, sudario, Sindone, vegetale, scultura, capanna, tenda, roccia.

Fieramente s’erge, ma non senza sorniona morbidità.

E’ l’opposto di una reificazione: non da persona cosa; da cosa persona, e piuttosto.

Vita senziente, eccioè.

La foglia soprabito sudario Sindone vegetale scultura capanna tenda roccia è consapevole del ruolo che riveste,  lo recita con perentoria immedesimazione.

Sì, materia trasformata in vita, dice Diotivede pensando a Michelangelo.

Là – se il riferimento era alla Pietà, ma esso è estendibile nella produzione del Sommo Caprese – vi era riproduzione di un imaginifico incarnabile.

Qui, di una oggettualità incarnata.

 

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Claudio Trezzani

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