Come fotografi, il nostro mestiere è scegliere.
Abbiamo davanti cose, inquadrando ne selezioniamo porzione.
Ordinariamente, la situazione è fluida.
Ciò in quanto ci si presenta agli occhi una congerie di elementi all’interno della quale ci peritiamo scorgere coesione.
Se vi è, solitamente giostramo tra forme che hanno per risultato complessivo una generale amorfia.
Cosa significa?
Che la tessitura complessiva – oltre che composita – presenta un intrico di coordinate geometriche che impediscono di definire sinteticamente un motivo conduttore.
Meno spesso, trattiamo forme in sè conchiuse.
Se però stringiamo l’angolo di campo siamo in grado di estrarre forme da forme, ottenendo regolarità da irregolarità, oppure diversa regolarità rispetto alla primigenia.
Prima fotografia a corredo di questo brano.
Panchina era, e dopo il nostro intervento abbiamo ottenuto due rettangoli che tagliano l’immagine in due metà di pari estensione.
Seconda fotografia.
Pur originatasi dallo stesso scenario, ora abbiamo una progressione matematica tra figure.
Ecco, la fotografia: rileggere senza rinnegare.
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Claudio Trezzani
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