Avete presente quell’opera di Magritte in cui si vedono fioche e seducenti luci promanate da finestre in scenario notturno?
Sì, lo so che avete compreso il riferimento.
Ognuno lo fa suo a modo suo, correlandolo al suo vissuto.
A me ricorda una pizzeria.
Sì, una pizzeria.
Dalle parti di dove abito, c’è una pizzeria che risponde alle summentovate coordinate emozionali.
Scatenate dalla considerazione che la luce vince le tenebre ove scandaglia la vita.
Ecco la prima fotografia a corredo di questo brano.
La seconda, ora.
Ancora luce che vince tenebre, ma qui balugina un ulteriore elemento.
La Letteratura, la Storia.
Sì, il luogo lambisce i manzoniani, ma ipso facto non sufficerebbe (sì, ho proprio scritto sufficerebbe).
Ramo di Lecco è, ma la definizione supera ed ingloba il tempo e lo spazio.
Perché la condizione è manzoniana “intimamente”.
Architetture severe perché povere, povere perché severe.
Indi, apportatrici di vera ricchezza, quella scaturigine dell’incontro tra essenzialità e pregnanza.
Tempi in cui, di notte, ci voleva la lanterna.
Quanto succo, nella tribolazione.
La Fotografia, meditabonda, tra queste cose vigila (ogni espressione fotografica, certamente non solo questa qui).
Protesa nel futuro, ma ricettiva verso perduranti echi.
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Claudio Trezzani
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