Imperfezione, caos, bellezza

Correva l’anno millenovecentosessantatrè, quello stesso in cui nacqui. Edward Lorenz pubblica Deterministic Nonperiodic Flow, un significativo contributo di scandaglio del caos. Quali forze governano l’universo? E cos’è il caso?

Quando fotografiamo ci troviamo al cospetto sia dell’intenzione che della sua assenza. Una spiaggia. Ombrelloni, barche. Disposte dall’uomo. Con un criterio sì, ma che non coincide con quello che desidereremmo in un sentire d’arte. È un criterio funzionale, che in visione zenitale …non funziona.

È funzionale perché risponde all’esigenza di tenere ordinatamente riparati dal sole i clienti degli stabilimenti balneari, e le barche ricoverate in sequenziale disposizione. In visione zenitale, però, ciò che vediamo è il caos: vi sono coesioni interne, ma l’interazione complessiva non risponde a un criterio matematico.

E qui la cosa si fa curiosa: una sorta di inversione dei ruoli. Perché ravvisiamo un criterio funzionale in ciò che l’uomo ha fatto in spiaggia con i manufatti (e ciò parrebbe ricondurre a un meccanicismo al servizio dell’utile), mentre nella visione aerea zenitale concessa dal drone – mi riferisco alle quattro fotografie a corredo di questo articolo –  proprio nel momento in cui siamo liberi da condizionamenti funzionali – nel momento in cui, intendo, vorremmo dedicarci ad artistica astrazione – ci sorprendiamo a lamentare l’assenza di una costante matematica che deriverebbe da una geometria ordinata.

Concentriamoci sull’inquadratura che comprende sia le schiere degli ombrelloni che quelle delle barche. Ne ho realizzate numerose versioni, ma l’equazione pare irrisolvibile: troppe linee divergenti, irregolarità, spinte contrastanti.

Una partitura orchestrale in cui il compositore non ha tenuto conto – nel combinare tra loro i singoli pentagrammi destinati ai vari strumenti – delle regole di armonia e contrappunto (che, si badi, rivestono comunque caratteristica di estrema plasticità).

Facciamo un semplice esperimento, purtuttavia significativo nella sua eteroinconsapevolezza: sottoponiamo al vaglio di un evoluto programma di postproduzione fotografica l’inquadratura generale di ombrelloni e barche, selezionando alcune preselezioni di correzione ottica dell’obiettivo (rispetto a diversi presupposti di allineamento).

Ebbene – forse anche perché ci troviamo in una situazione di limitrofia con la fauna ittica, in riva al mare… – gli algoritmi del programma non sapranno che …pesci pigliare, bistrattando in vari modi l’immagine dilatandola nelle più peregrine guide.

Cosa è successo? Il software voleva piegare ad ordine il visibile, ma non ne ricorrevano i presupposti. E noi, lo vogliamo proprio quell’ordine? Cerchiamo una cifra unificante o ci arrendiamo all’esistente? Ed è un arrendersi, accettare?

ur nell’accettazione, possiamo plasmare. Perché scegliere è interpretare. Possiamo concentrarci su porzioni, darne una lettura peculiare.

Ecco allora che l’inquadratura si restringe, alla ricerca di mondi. Ma l’impostazione data è concettualmente viziata da un dato: l’imperfezione – la mancanza di reiterazione scansoria, di simmetria, di regolarità – non è un disvalore.

Svilupperemo il tema in un successivo articolo.

Per intanto ascoltiamo Kafka: la vita è un attimo di imperfezione.

 

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Claudio Trezzani

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