Grafismi.
Grafismi circolatori.
Circolatori perchè indirizzano percorsi.
E’ il leit motiv delle due eccellenti fotografie di Alexander Jikharev qui presentate.
Un momento, però.
L’essere comun denominatore è fattore totalizzante?
No, è l’inizio del cammino.
A variare è la frequenza della vibrazione emotiva.
E ancor più d’essa.
Sapete, Alexander titola “la linea del destino” l’immagine con l’uomo ombrellato.
Per quale motivo?
Occorre soffermarsi nel guardare.
I piedi dell’uomo ombrellato seguono crepa nell’asfalto, metafora dei solchi letti in una mano.
Abbiano assistito alla dicotomia impensato/pensato nei tempi osservativi di una fotografia.
Dicotomia stemperata, che s’annulla nel bilancio finale della percezione.
Cosa intendo?
Il primo sguardo cattura il grafismo, e ci mette poco a focalizzare il termine complementare (circolatorio).
Solo dopo appare la crepa.
E forse mai s’articola nella concezione dell’autore, non fosse per il suggerimento verbale (la linea del destino).
Così, è un oscillare sul crinale.
Definire il grafismo sta tra sensazione e pensiero per quanto la mente è reattiva nel codificare una pronunciata vettorialità.
Dunque, è cosa immediata perchè istintiva.
Poi viene la crepa, o forse mai.
Indi la valutazione s’appunta sull’uomo, ed infine la speculazione intellettuale s’impadronisce del suo essere siluetta e reificato nella fusione con il puntuto circolare oggetto.
Ergo, impensato come cosa che viene prima, pensato come corollario sommizzante.
Come detto, una dicotomia stemperata, persino apparente nel momento in cui s’annulla nel bilancio finale della percezione.
L’altra fotografia, ora.
Il rigore viene dall’uomo.
Non il deambulante, piuttosto colui che ha posto strisce ed ombrelloni.
Potremmo proseguire in questo solco, ma sarebbe – se non fuorviante – fonte di distrazione.
E’ altra la differenza.
A variare è la frequenza della temperatura emotiva, scrivevo.
Ecco, questa cosa qui.
Questa emozione subliminalmente indotta.
E’ una mera variazione d’intensità nel contrasto.
Sì, basta una diversa calibrazione dei valori tonali per innescare una reazione improntata ad una differente qualità psicologica.
Di fronte alla quale tutto si frange.
Sì, tutto si frange.
Viene meno il ragionamento sul contenuto, e su come elementi interagiscono.
L’immagine con gli ombrelloni è netta nel contrasto, oltre che nelle grafie.
Quella dell’uomo ombrellato (conta niente sia ombrello, dopo ombrelloni) è maggiormente leggibile nelle ombre, appena velata.
In questo risulta poetica.
Vi danza dentro vento, così.
Se la spiaggia è apollinea (anche se non aliena da dure perentorietà), la rotonda stradale reca indizi di dionisiaco, pur senz’ombra alcuna di ferocia.
Ecco lo spaventoso potere della Fotografia.
Una deflagrante poliformità che s’irraggia da contenute sfumature.
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Claudio Trezzani
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