Darsi un tema.
Chi i colli, chi le bottiglie, ma non colli di bottiglia.
Sì, avete capito.
Modigliani passa la vita a dipingere lunghi colli, Morandi bottiglie, ma nessuno dei due soffre da ciò limitazione.
L’importante è che non lo chiamate progetto.
Aborro il termine, in fotografia.
Reca in sè un retrogusto di contabile algore.
Programmare è già in sospetto d’eresia, ma sequela pur sia, se il timone è l’emozione condita con imprevedutezza.
Michele Cimballi scava e reiteratamente trova, lo diceva anche Picasso.
Si è dato un tema, ma è pronto ad assimilare la variazione che trafigge.
Viandante/mascherina/muro.
Una dosata alchimia di finestre, finiture ombre.
Poi quell’altra fotografia, che squarcia la percezione.
Il muro, ora, gronda la vita che è l’usura.
L’ombra qui è sia presaga che assertiva.
Presaga quando formualmente allude.
Assertiva quando s’allea con gli sbreghi per coagulare una densa emozione.
Estrema potenza espressiva.
Un buco nero di altezze commiste a sordidità.
Il passante è incoevo attore di una stratificata storia in cui fugacemente s’immerge.
Un polimorfo intridersi.
Quando la mente dirige l’occhio dietro al mirino, un composito universo s’accende.
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Claudio Trezzani
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