Il Secondo Stadio

Dopo “Il Primo Stadio” – l’articolo già apparso in questa rubrica – siamo al secondo. Anabasi o discesa agli inferi? Vedremo.

Per intanto giova ricapitolare: nella fotografia a corredo del precedente brano l’autore confessava un abominevole delitto: delle tante foglie presenti sulla scena, due le aveva aggiunte lui. Non le aveva portate da un altrove: erano già nelle immediate limitrofie, il suo peccato era consistito nell’averle spostate. Seguiva una nutrita sequela di considerazioni, complanari o parallele, volte ad inquadrare la qualità dell’atto.

In quel caso, comunque, si trattava di materiale consustanziale e quintessenziale alla situazione: sempre foglie erano, e la scena ne era pregna. Questa volta, no. Non del tutto, almeno.

Si, sto parlando della mela, quella che troneggia sul tronco reciso. Questa volta non c’è vento od albero che tenga: deve avercela messa qualcuno di necessario ed arbitrario imperio. Così abbiamo eliminato il fattore di impersonale causalità e casualità. È dunque detta mela pertinente o no? Pertinente viene dal latino “pertineo”, appartenere. Appartiene la mela all’albero? No. Appartiene la mela alla scena? Si. È essa omogenea allo scenario?

Qui scomodo un ulteriore aggettivo, caratterizzato da un ventaglio semantico assai ampio: “organico”. Si, la mela è organica alla scena. Potremmo riferirci all’accezione chimica, al fatto che sia l’albero che la mela recano carbonio ed idrogeno. Che sono lì a condividere un destino di dolce corruzione, sullo sfondo di una fusione in humus.

Ma qui sono più rilevanti due altri sbocchi di significato: quello per estensione e quello figurato. Per estensione: armonico, omogeneo. Ecco siamo tornati al summenzionato aggettivo. Ma cosa autorizza considerare l’apposizione della mela sul tronco “omogenea”? L’accezione figurata di “organico”: l’appartenenza ad un insieme di parti coordinate allo stesso fine. E qual’è il fine? L’intenzione dell’autore.

Quindi la “legittimazione” viene dall’esterno: vi è chi ha pensato, ha disposto, ha realizzato. Legittimazione con accento sul potere dell’atto, non sulla sua liceità.

Al solito, siamo all’astrazione.

Non importa più cosa ci faccia lì una mela: conta abbandonarsi all’insieme di forme, colori, toni.

E a ciascuno un altro potere: la libertà di sovrapporre suoi propri mondi, traverso percezione, all’immagine.

 

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Claudio Trezzani

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