O tempora, o mores!
Così Cicerone, quando esaltava la virtù dei tempi passati e deprecava il vizio di quelli presenti.
Io lo dico della Svizzera, ma solo per ciò che attiene la sosta automobilistica:
una volta, solo inerpicandosi un poco, si trovavano gratuiti pertugi, ora non più.
Quanto ai droni, la Svizzera è stata antesignana d’intelligenti provvedimenti normativi.
Epperò, sostare in aria con il drone è sempre costoso, indipendentemente dalla nazione sottostante all’aria.
Lo dico ovviamente in senso energetico, ma non solo.
Il seguente filmato mostra prima un lento incedere, che corrisponde ad una progressiva zoomata ottica, non fosse che la variazione dell’inquadratura è ottenuta per spostamento non delle lenti, ma del velivolo.
Indi il drone sosta, o tenta di farlo.
Già, tenta.
La prospettiva zenitale che subentra a quella frontale evidenzia il discostamento dalla stazionarietà.
Discostamento involontario, non comandato dal pilota.
Ma quali sono i fattori che cagionano questa instabilità, indipendentemente dal contenuto del summentovato filmato ed assumendo che non si intervenga sul radiocomando?
Più d’uno.
Enucleandoli:
- il vento, con un peculiare – ma suscettibile di variazioni inerenti – rapporto tra natura della sollecitazione esterna e la reazione del mezzo (compensazioni dello stabilizzatore + compensazione della parte propulsiva).
- la perdita di geolocalizzazione. Se combinato al fattore di cui sopra, può avere effetti drammatici.
- l’incertezza del sistema d’evitamento ostacoli.
- l’interferenza di eventuali sensori di prossimità e facilitatori dell’atterraggio, in assenza dei sensori di evitamento.
E qui addiveniamo al prezzo della sosta – che è il titolo di questo articolo – nella sua componente energetica.
In ogni singolo momento, quando crediamo che il nostro drone stia fermo per ordine divino, in realtà si sta consumando una strenua lotta.
Strenua lotta che dipende anche dalle dimensioni del drone e dalla sua efficienza aerodinamica (sarà per questo che Dji non ha dato seguito alla serie Phantom?).
Ciò in quanto il mantenimento della posizione è ottenuto mediante un incessante processo d’invio mirato di potenza alle singole eliche.
Sì, mirato alle singole eliche.
Solo mediante questi continui aggiustamenti il drone non si muove, quando è in condizione di garantire l’immobilità.
Dunque, siamone consapevoli, sia sotto il profilo delle riprese, sia relativamente alla sicurezza.
E questo ci rimanda – sempre – ai due cardini su cui deve poggiare un conduttore di droni:
preparazione ed esperienza.
L’una insostituibile, l’altra inevitabile.
Come sono ineludibili errori ed incidenti, anche in presenza delle due facoltà appena nominate.
Figuramoci senza…
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Claudio Trezzani
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