Il giocattolo rotto

Questo articolo costituisce il seguito di “Sovrana individuazione“, il precedente qui pubblicato. Il corpo principale delle considerazioni è ivi collocato, mentre qui si sviluppano osservazioni derivate.

In entrambe i casi si analizzano due fotografie pressoché insignificanti, mostrando però sino a che punto fattori apparentemente invisibili possano rappresentare presupposti e determinare scelte.

Nell’immagine a corredo di questo brano la situazione è vettorialmente simile: il soggetto dell’inquadratura pare di primo acchito proclive ad una direzione, mentre la proiezione futura ne rivela un’altra, ed è dalla comprensione della dinamica che scaturisce la scelta del fotografo quanto ad attribuzione di pesi (collocazione nello spazio).

Nel precedente caso di una nave, essa era orientata verso destra, ma da taluni fattori si capiva che era in procinto di procedere nella direzione opposta, da cui l’opportunità di riservare agio visivo neutro in quella porzione.

Nel presente caso, la bicicletta mostra sì di essere orientata verso destra, ma questa direzione è effettivamente quella intrapresa. Ed inoltre: mentre il cassero della nave, come un grande viso, “guardava” nella direzione opposta al moto (ma dentro avremmo visto il pilota scrutare nella direzione opposta), anche il ciclista lo fa, con la differenza che egli è il muscolare artefice della direzione che la sua attenzione contraddice. Dunque a cosa attribuire priorità?

Lo sguardo riveste un ruolo potente, ma anche la postura al manubrio non va trascurata. Pertanto, conviene lasciare più spazio a destra oppure a sinistra? E a quale altezza collocare il viso?

Operare una scelta netta oppure di compromesso? Si potrebbe anche argomentare che la cuffia con auricolare svela l’esistenza di un altrove della mente che prescinde dalla direzione fisica…

Del resto anche la posizione della nave richiedeva una scelta accessoria: il beccheggio non la rendeva perfettamente perpendicolare al piano dell’orizzonte, ed allora cosa previlegiare?

Il mare “in bolla” oppure la nave “dritta”?

Vedete, a questo punto possiamo affermare che il giocattolo é rotto, come da titolo che ho scelto per questo articolo. Non in senso negativo, però.

Quando un bambino apre un balocco per vedere cosa c’è dentro, da un lato si rende ragione del funzionamento, dall’altro prova disillusione.

Quando un mero ascoltatore di musica passa alla condizione di esecutore diviene ambivalentemente smaliziato: apprezza di più ma anche smitizza.

Quando un esecutore di musica di consumo approfondisce la conoscenza strumentale del jazz o della classica inevitabilmente il suo gusto (la sua capacità di percepire e discernere) si affina.

Certe semplificazioni, talune crassità o banalità nella struttura – o sciatterie nell’esecuzione – appaiono evidenti. Il giocattolo è rotto, per l’appunto.

Ecco allora il paradosso della fotografia: si può non finire mai di analizzare, ma d’altro canto si può anche “non pensare a niente”.

Letteralmente, ciò non è possibile: a livello semiconscio agiranno forze, turbineranno cogitazioni, s’agiteranno impressioni.

Ma in superficie nitido apparirà il prodotto della sintesi. Levigato, definitivo. Latore di contrapposte spinte, ma per un eterno attimo unico.

 

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Claudio Trezzani

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