Il ginepraio

Non se ne esce.

Meglio: non se ne circoscrive.

Cosa intendo?

Intendo la conciliazione di spinte divergenti.

Spinte divergenti?

Quando in una stessa inquadratura vi sono forze composite, cui è arduo assegnare peso dialogicamente congruente.

Peso dialogicamente congruente?

Il fotogramma par tagliato definitivamente in un lato, in un angolo.

Non altrettanto in una diversa zona, che parla una ulteriore lingua.

O la stessa, con diversa pronuncia.

Lingua, pronuncia?

Consideriamo le due fotografie in visione zenitale, tra quelle dronuali a corredo di questo brano.

Quella caratterizzata da un più ampio angolo di campo vede quale limite in basso a sinistra un pannello solare inclinato.

Collocazione che reca per corollario la distribuzione ed attribuzione di pesi in ogni altro elemento, sia esso vuoto od articolatamente tornito.

Quella in scala di grigi sullo stesso soggetto opera esclusioni che per converso sottolineano i componenti risparmiati alla cesura.

In ciascuno di questi casi, epperò, la parola è sbavatura.

Sì, sbavatura: se ciò che va bene in un punto non funziona altrettanto in un altro, l’orchestrazione introduce dissonanze.

L’orchestrazione introduce dissonanze nella misura in cui l’organicità è dispersivamente frammentata, la sintesi imperfetta, la coesione latitante.

L’insidia – la difficoltà di ricondurre ad unità – è presente anche nella fotografia in prospettiva frontale.

Anche qui è difficile ottenere unum ex pluribus.

Il borgo quale compatto agglomerato ne fornirebbe illusione.

Un inerpicante grappolo, compatto anche per reiterate cromie.

Ma il campanile, la chiesa , le case.

No, lì non ci siamo.

Non ci siamo perchè non vi è univocità d’orientamento.

L’inallineamento tra campanile e chiesa rappresenta la più dolorosa divergenza.

Perchè non vi è concordia tra oggetti di complementare funzionalità.

Insomma, le parti non cantano nella stessa tonalità, pur ricomponendosi in un insieme paraorganico.

Cosa fare, allora?

Ruotare.

Sì, ruotare.

Lo faccio nel video allegato.

Nella simultaneità i rapporti non mutano.

E tuttavia, il dinamismo conferito dal movimento e dalla successione temporale, se non smentisce, stempera.

Sì, non smentisce ma stempera.

La mente umana si sintonizza su un diverso codice interpretativo.

Tutto è ciò che è, ma la rivisitazione del mutato mezzo induce un differente approccio.

Ecco, droni, fotografia, videografia.

Si ruota attorno l’esistente, non fuor di metafora.

 

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Claudio Trezzani

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