Nella puntata precedente abbiamo visto, con l’aiuto di Tolstoj e Thoreau, che non è impossibile realizzare scatti significativi senza uscire di casa, senza ricorrere alla macrofotografia e volgendo il pensiero all’astrazione.
Oggi, sempre non varcando l’uscio della propria dimora, facciamo un ulteriore passo aggiungendo due ingredienti: una finestra e del sottostante traffico. Se ai tempi di Nicéphore Niépce il panorama che si offriva affacciandosi al vetrato riquadro non prevedeva un flusso di veicoli a trazione non animale, oggidì non è infrequente assistere ad una – ahinoi, inquinante e rumorosa – teoria di scatole metalliche propulse da motori endotermici.
Facciamo così di una negatività una opportunità, aggiungiamo l’oscurità come ingrediente finale e la ricetta è approntata. Come cucinarla?
In un modo che apre la strada ad infinite possibilità (ed infatti le quattro fotografie a corredo di questo brano non sono che uno sparuto estratto di una lunga serie che ho realizzato): impostando la fotocamera con tempi di otturazione di mezzo od un secondo e muovendola nelle più varie traettorie.
Avremo così i fari degli oggetti semoventi inconsapevoli artefici di vividi arabeschi sprigionati dall’incontro di buio e luce.
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Claudio Trezzani
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