Una volta ho mandato una email alla Cia – quella di Langley, mica la nostra agricola – scrivendo:
“se mi arruolate, sono in grado di stabilire se una stampa fotografica è stata realizzata con una Nikon od una Canon”.
Stranamente, non mi hanno risposto.
In realtà, baravo.
Il concetto era semplicemente che qualche anno fa Canon non aveva in catalogo obiettivi con diaframma a nove lamelle, quindi in una immagine che avesse mostrato punti di luce sfuocati ad aperture diverse dalla massima, se si contavano nove lati, automaticamente si poteva escludere che si trattasse di una lente Canon prodotta in quel periodo.
Nella suggestiva fotografia a corredo di questo brano – a felice firma di Bounab Tahar – si evince che l’obiettivo ha otto lamelle di diaframma, di certo non arrotondate.
Del resto anche nel mondo del cinema talora si assiste a filmati che mostrano un assetto lamellare di lineare geometria, ad onta di chi – temo annoverarmi nel manipolo – vorrebbe solo vedere globi, e che non… sappiano di pesce.
Ma questa caratteristica tecnica nello scatto di Bounab fa ben di più: da dato ottico si trasforma in seducente strumento espressivo.
All’occhio non si chiede più di pascersi collateralmente di uno sfondo morbido.
Nossignori: i colorati punti di luce qui divengono due colonne portanti che fiancheggiano il simpatico insetto.
Attenzione stornata, obiettivo mancato?
Nient’affatto.
La composizione globale ne risulta arricchita: la definita forma di ciascuna figura, e il modo in cui i due grappoli si snodano acquisisce una compiutezza linguistica che dialoga con il soggetto della ritrazione.
Insomma, in Fotografia si può far danzare il contenuto della scena con le caratteristiche restitutive dell’attrezzatura che s’impiega.
Il contenuto collide gioiosamente con la forma, sortendo un sembiante d’impreveduto incanto.
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Claudio Trezzani
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