Ancora timidamente – ma meno embrionalmente che in passato – sta comparendo nei droni la funzione di cruise control.
Cruise control?
Sì, e con l’accento sull’ultima “o”.
Oltre a particolare cura nel trattare la consonante dentale occlusiva “t” presente nel termine.
Perché sì, i recensori italiani d’automobili in triste massima parte cadono nella pronuncia del lemma.
Automobili?
Già, ma qui parliamo d’immagini catturate.
In volo, nella fattispecie.
Auspico i recensori di droni – ci competerà acquisire familiarità con la definizione, e quanto a me pregerò produrmi in sorvegliati vocalizzi prima di esprimere a voce la relativa entità – dicano meglio la cosa.
La dicano meglio, ed altrettanto competentemente la illustrino.
Il drone è leggero e l’aria può essere pesante, benché Papà GPS e Fratelli Rotori s’ingegnino combatterla.
I cursori sul telecomando sono leggeri e sensibili.
Sì, lo so che se ne può finemente graduare l’azione, sia in continuum che quanto a soglia d’intervento.
Ma se pure nelle autovetture capita che il cruise control non riesca a mantenere davvero costante l’andatura, figuriamoci sui buzzanti elettrici volatili.
E perché ci serve, il cruise control su d’essi?
Più il procedere – od arretrare, o svicolare – è veloce – nativamente o tramite postproduzionale intervento – più le disomogeneità del moto sono sgradevolmente ravvisabili.
E più cose si fanno – con qualche acrobazie era comunque possibile operare anche prima – più si vorrebbero avere dita a disposizione.
E parti del cervello sgombre da aliene preoccupazioni.
Dunque, il vantaggio si situa su due fronti:
- regolarità dell’incedere
- agio di giostrare tra varie concomitanti istanze.
Sapete, brinderò quando s’addiverrà – a terra – ad una guida autonoma afidabile nell’intero spettro delle situazioni.
Decine, centinaia di migliaia di morti in meno, e scusate se è poco.
Coi droni – ma non sottovalutiamo anche qui il fattore “viabilistico”: drone che urta è drone che cade – ciò che libera mente e polpastrelli non è potenzialmente ostativo all’esercizio dell’espressione.
Non lo è quando permette il raggiungimento dell’intento.
Senza errori, e contemporanamente senza deprivamento della volontà.
Fare ciò che si vuole chiedendo aiuto a ciò che ce lo fa fare meglio, ed insomma.
E’ un virtuoso cammino, anzi un volo.
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Claudio Trezzani
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